New York (USA) – Si alzano nuove polemiche sull’indipendenza della blogosfera : ai dibattiti di questi mesi si è aggiunto uno scoop pubblicato dal New York Times , un’indagine che riporta sotto i riflettori il fenomeno dei blogger prezzolati .
Il giornale newyorkese ha infatti rivelato che il celeberrimo colosso della distribuzione Wal-Mart avrebbe a libro paga una decina di blogger , remunerati per proporre materiali e contenuti “mascherati” da opinioni personali .
Secondo la ricostruzione del NYTimes, sfruttando i servizi dell’ agenzia Edelman , Wal-Mart avrebbe puntato sui blog come ingranaggi di un’ampia campagna di marketing. Edelman ha fatto il resto e, una volta individuati i referenti della blogosfera più adatti, li ha contattati proponendo un semplice scambio: denaro contro servizi.
“Abbiamo deciso di ingaggiare i blogger e di proporre loro temi e storie interessanti da pubblicare”, sostiene Marshall Manson, responsabile di Edelman intervistato da AdWeek . Naturalmente, i contenuti pubblicitari non venivano pubblicati citandone la fonte. I nanoeditori , spinti dalla prospettiva di arricchimento veloce e senza troppi impegni, hanno così deciso di trasformare il proprio pulpito digitale in una macchina pubblicitaria e di spacciare le “false news” dei PR come “opinioni”.
In questo modo, Wal-Mart ha inondato la blogosfera con false recensioni e falsi consigli. Molte delle informazioni sono durissime critiche alla concorrenza, architettate per mettere in cattiva luce le alternative a Wal-Mart.
Vista la natura prettamente personale e quasi intima dei blog, molti utenti si sono sentiti traditi da questo atteggiamento. L’articolo del New York Times, una volta esposto il meccanismo, ha scatenato una vera e propria protesta dei consumatori contro la catena statunitense di supermarket.
Il fenomeno dei blogger prezzolati non si limita soltanto ai prodotti venduti da Wal-Mart, ma secondo il fondatore del blog Instapundit.com , tra i più seguiti di Internet, è ben diffuso e solleva seri dubbi sull’affidabilità di tutti quei siti personali che “non citano mai le fonti da cui apprendono le notizie”.
Tommaso Lombardi