Come anticipato ieri, la Commissione europea ha concluso la prima parte dell’indagine avviata quasi due anni fa sulla pubblicità online e inviato a Google la tradizionale comunicazione degli addebiti, ovvero il documento che elenca le criticità riscontrate. Considerato l’abuso di posizione dominante, l’unica soluzione possibile è la vendita di alcuni servizi.
Google deve smantellare il business adtech
La Commissione europea ha informato Google che il suo business adtech ostacola la concorrenza nel mercato del display advertising, ovvero le pubblicità visualizzate sui siti web. Si tratta della principale fonte di entrate per l’azienda di Mountain View che deriva dalla vendita degli spazi pubblicitari nelle sue app e dall’attività di intermediazione tra editori e inserzionisti.
Esistono tre diversi tool per la pubblicità online. I publisher ad server sono usati dagli editori per gestire gli spazi pubblicitari su siti e app. Gli ad buying tool sono usati dagli inserzionisti per gestire le campagne pubblicitarie. Gli ad exchange servono invece per l’incontro tra domanda e offerta di editori e inserzionisti in tempo reale (acquisto e vendita tramite aste).
Google fornisce un publisher ad server (DoubleClick For Publishers), due ad buying tool (Google Ads e DV 360) e un ad exchange (AdX).
La Commissione europea ha verificato che Google occupa una posizione dominante in entrambi i lati del mercato con i suoi publisher ad server e ad buying tool, ostacolando gli ad exchange dei concorrenti. Questa pratica scorretta è iniziata nel 2014. Dato che eventuali rimedi comportamentali potrebbero non essere efficaci, la Commissione ritiene che l’unica soluzione sia la vendita di alcuni servizi (rimedio strutturale).
Se, ad esempio, Google vendesse i tool DoubleClick For Publishers e AdX, non ci sarebbe più nessun conflitto di interesse. Nel caso in cui l’indagine accerti la violazione dell’art. 102 del TFUE (Trattato sul funzionamento dell’Unione europea), Google rischia anche una multa fino al 10% delle entrate annuali globali.