Si chiama Clean Internet Act la nuova proposta per una Internet canadese meno permissiva nei confronti di crimini quali il razzismo, l’abuso e la violenza sulle donne e la pornografia infantile. Joy Smith , la parlamentare conservatrice che lo ha proposto, sostiene che la legge servirà per “superare l’attuale legislazione sull’utilizzo di Internet obbligando gli ISP alla cooperazione” nella lotta ai crimini razziali o religiosi e alle altre pratiche illecite.
Il Clean Internet Act introduce tutta una serie di restrizioni e obblighi per i provider, tale da risultare, ad una lettura più attenta, destabilizzante per il mercato degli intermediari della connettività e poco meno che vago e velleitario nella pratica di contrasto che si prefigge come missione.
Michael Geist, in una analisi delle possibili conseguenze della proposta, mette ad esempio in luce come il nuovo sistema di concessione delle licenze ai provider previsto dalla legge sia “tanto vago da poter in apparenza interessare chiunque offra una connessione WiFi”. Altrettanto stringente poi l’obbligo per i provider di negare l’accesso alla rete – per un arco temporale di sette anni – a chiunque si sia macchiato dei crimini presi di mira dalla legge. Nel caso in cui l’ISP venga a conoscenza in un secondo momento della cosa, sarebbe obbligato a bloccare immediatamente il servizio e a comunicare i dettagli al Ministero dell’Industria.
La proposta introduce poi nuovi poteri per il suddetto ministero, che potrà in ogni momento – e a sua totale discrezione – ordinare agli ISP il blocco dell’accesso a contenuti che promuovono o si ritenga che promuovano la violenza contro le donne, l’odio razziale e la pedopornografia. Per chi non ottemperasse alla richiesta si paventerebbe il rischio della galera.
Geist sostiene che tutte le misure inserite nel Clean Internet Act sono “ad essere indulgenti, piuttosto stravaganti”. Secondo l’accademico, l’attuale codice penale canadese basta e avanza a contrastare i crimini sessuali e pedopornografici, essendo più che mai valido anche nell’era di Internet e della società dell’informazione. Per fortuna, sostiene Geist, essendo una proposta di un singolo parlamentare, “molto difficilmente diverrà legge”.
Una proposta che, continua Geist, “non sarebbe fuori posto in nazioni che censurano aggressivamente Internet”. È c’è infine chi sostiene che il CIA sia addirittura un metodo per estendere il controllo centralizzato ai nuovi media elettronici , alla stessa stregua di quanto successo con televisione e radio FM, e poco abbia a che fare in realtà con la pornografia infantile e crimini simili.
Alfonso Maruccia