Il futuro di fotosensori e pellicole digitali è nei punti quantici . O perlomeno è ciò che promette Invisage , la società che ha sviluppato la tecnologia che, a suo dire, offre caratteristiche di sensibilità luminosa e risoluzione delle immagini inarrivabile per le attuali soluzioni al silicio .
I moderni sensori delle fotocamere digitali (cellulari, compatte, bridge o reflex poco importa) delegano il delicato e complicatissimo compito di “raccogliere” l’istantanea dello scatto a microprocessori fotosensibili, limitati nella risoluzione ma soprattutto nella quantità di luce che può essere convertita in informazione elettronica e quindi salvata nella foto digitale.
Un simile setup ha però la cruciale controindicazione di bloccare una buona parte della luce che colpisce il sensore (il 75 per cento, dice la BBC), senza considerare il limite di miniaturizzazione (e quindi della quantità di pixel che è possibile catturare nell’immagine) che volenti o nolenti accomuna tutti i microchip commerciali dall’enunciazione della “legge” di Moore in poi.
L’impiego di sottili pellicole basate su punti quantici, al contrario, abbatterebbe drasticamente il primo problema e mitigherebbe abbondantemente il secondo: sviluppata dal professore dell’Università di Toronto Ted Sargent, la tecnologia è in grado di controllare accuratamente le caratteristiche di fotosensibilità dei “punti quantici” durante il processo di manifattura.
Nel suddetto processo le nanoparticelle di solfuro di piombo vengono “sospese” in una matrice polimerica, in modo da formare una nuova classe di polimero semiconduttivo che, sempre secondo Invisage, può essere facilmente integrato nell’attuale processo produttivo, assorbe molta più luce dei sensori al silicio e permette di compattare una quantità di elementi fotosensibili (corrispondenti ai singoli pixel) tre volte superiore a quella attuale – con tutti i vantaggi per la risoluzione e la sensibilità che la cosa comporta.
Il “Quantum film” di Invisage è in via di presentazione in una conferenza dimostrativa che si tiene in questi giorni in California, la società dice di poter integrare la tecnologia nelle fotocamere e nei cellulari entro la metà del 2011, e c’è già chi si affretta a decretare il nuovo prodotto come l’ erede designato dei sensori CMOS tradizionali.
Alfonso Maruccia