Roma – Vladimir Putin, il presidente russo, potrebbe a brevissimo diventare il nemico numero uno dei sostenitori delle libertà digitali. In Russia, naturalmente, ma anche in tutti quei paesi che temono di essere contagiati da una legge in discussione alla Duma e che ha tutta l’aria di una deriva sovietizzante.
Entro questa settimana il parlamento russo potrebbe dare il via libera ad una legge che ha già ottenuto un primo passaggio favorevole e che impone nuove, severe e soprattutto arbitrarie “misure di sicurezza” per le attività online.
Con la scusa di dover respingere le “aggressioni telematiche” da parte di gruppi di estremisti, nazisti o “antireligiosi”, la Duma sta cedendo alle pressioni del presidente per consentire al ministero della Giustizia, a quello della Stampa, ai pubblici ministeri o a qualsiasi “organizzazione statale” di chiudere qualsiasi attività internet che sia ritenuta estremista. Anche in assenza di un mandato da parte della magistratura.
Con uno stile sovietico che ha sorpreso gli osservatori, la legge promuove l’arbitrio mantenendo nella vaghezza più assoluta tanto la definizione di cosa sia “estremista” quanto di chi abbia effettivamente il potere di censura.
La legge sul Contrasto alle attività degli estremisti trova la debole opposizione di alcuni esponenti del Partito comunista, timorosi di finire etichettati tra gli estremisti e diventare improvvisamente fuorilegge.
Sergei Kovalev, parlamentare liberale, ai giornalisti ha dichiarato che “è vero che oggi in Russia vi sono molti casi di estremismi religiosi e nazionalisti, ma lo scopo dichiarato di questa legge non ha nulla a che vedere con il suo vero obiettivo. Questa versione della legge consente di fatto di sopprimere attività internet senza necessità”.
Lev Levinson, dell’ Istituto per i diritti umani ha invece dichiarato che “quello che stiamo osservando è un attacco alla rete”.