Le negoziazioni sono state rapide e apparentemente indolori: il marchio Python torna a rappresentare il solo linguaggio di programmazione di Guido van Rossum, sgombrato il campo da potenziali sovrapposizioni di servizi identificati con lo stesso nome.
La controversia si era aperta il mese scorso, con l’azienda britannica Our Holdings in attesa di registrazione in Europa del marchio Python, volto a coprire una serie di servizi cloud descritti come “software per computer”, “server per l’hosting web”, “server Internet”, “hardware per VPN”. Python Software Foundation (PSF), temendo potesse insorgere confusione sul mercato per la natura dei servizi identificati dal brand di Our Holdings, si era opposta alla registrazione del trademark dell’azienda britannica e aveva tentato di registrare il proprio, facendo appello agli utenti affinché dimostrassero che Python è un marchio ormai strettamente legato al linguaggio di programmazione.
La reazione compatta della community potrebbe essere stata determinante nella risoluzione della disputa, il cui esito è stato la rinuncia al marchio Python da parte di Our Holdings , che si appresta a scegliere un altro nome per il proprio servizio cloud che ora si identifica come Veber. “Questo accordo – spiegano i vertici dell’azienda britannica – annullerà la potenziale confusione tra il linguaggio software Python e la nostra attività di servizi cloud”.
È così che il dominio python.co.uk non risulta più attivo, mentre ogni riferimento al marchio Python è stato rimosso dal sito dedicato ai servizi cloud di Our Holdings. Non è dato sapere altro riguardo all’accordo, se non che PSF ha profuso i propri sforzi perché il suo principale obiettivo è quello di “supportare la community globale degli sviluppatori Python”.
Gaia Bottà