Qualche domanda sul pedoporno

Qualche domanda sul pedoporno

di Gilberto Mondi - Si susseguono le indagini e i procedimenti a carico di utenti internet italiani accusati di aver distribuito o scaricato immagini e video di abusi. Perché questo non stimola riflessioni pacate?
di Gilberto Mondi - Si susseguono le indagini e i procedimenti a carico di utenti internet italiani accusati di aver distribuito o scaricato immagini e video di abusi. Perché questo non stimola riflessioni pacate?


Roma – Con una frequenza impressionante, la Polizia Postale mette a segno operazioni contro il traffico di materiali pedopornografici su internet: 10, 20, 30 o ancora più sono gli indagati, talvolta gli arrestati, in operazioni che si susseguono senza posa , segno che la stretta contro il pedoporno avviata ormai da anni ancora non ha trasmesso il suo messaggio a chi fa uso di immagini e video frutto di abusi su minori e bambini.

Proprio tre giorni fa la PolPost di Catania coordinata dal procuratore aggiunto del capoluogo etneo, Giuseppe Gennaro, ha annunciato perquisizioni in diverse regioni, 27 indagati questa volta , tutti accusati di aver distribuito in rete quelle tristissime immagini. Anche in questa occasione è stato possibile individuare quel materiale ed identificare coloro che lo distribuivano grazie a quello che viene definito “continuo monitoraggio della rete”: è un’attività impegnativa, che richiede risorse in gran copia, e che via via scalfisce quello che, stando ai numeri e alle indagini, appare come un fenomeno esplosivo, e come tale viene spesso trattato dalla stampa mainstream.

Nel caso più recente, gli indagati avrebbero utilizzato persino computer in uffici pubblici per accedere a siti riservati che pubblicavano quelle immagini o per scaricarle con qualche applicativo di file sharing . Sembra davvero una grossa ingenuità da parte di chi, fruitore di questi materiali, ci si aspetterebbe abbia imparato ad operare in clandestinità. Gli esperti raccontano che nei circoli telematici a sfondo pedofilo generalmente si accede perché si è presentati da qualcuno, come a dire che la diffidenza è massima ma che ogni new entry viene comunque vista con favore perché porta con sé del materiale che verrà poi condiviso nella “comunità”. E sono questi, probabilmente, gli anelli deboli di tali ambienti sui quali fanno perno le attività investigative.

Di fronte al susseguirsi di queste operazioni ci si potrebbe aspettare da chi ricerca questo materiale una maggiore attenzione a non farsi scoprire, se non proprio l’astensione da questa attività: sono passati i tempi in cui l’FBI inondava di messaggi di avvertimento i newsgroup da sempre utilizzati per la pubblicazione di immagini pedoporno. Ora ad avvertire i fruitori è la cronaca delle indagini via via portate a compimento.

Difficile dire fino a che punto chi fa uso di questi materiali sia complice degli abusi, e se tutti coloro che scaricano un filmino illegale dalla rete abbiano consapevolezza di quel che van facendo, difficile persino tracciare una differenza – che pure dovrebbe essere considerata abissale – tra chi compra e vende questa roba e chi si limita a fruirne ; difficile, perché nulla come la pedofilia tende ad accecare il buon senso: l’orrore è tale che fermarsi a pensarci su è davvero un’impresa. Eppure qualche domanda dobbiamo porcela, se non altro perché il continuo emergere di questi fatti spinge il Legislatore a proposte ben poco ragionevoli e a conclusioni sgangherate, come dimostra l’imminente nuova legge sul pedoweb .

C’è da chiedersi, ad esempio, quale sia l’effetto dell’attività repressiva . Le indiscusse competenze tecnologiche della Polizia Postale consentono di far emergere molti casi, ma quanti sono quelli che rimangono nell’oscurità? Ha senso attendersi che un giorno la pornografia infantile sparisca dalla rete? Non solo: è più sensato credere che in Italia e nel mondo ci siano molti più pedofili di quanto mai sospettato prima dell’avvento di internet o invece ritenere che non tutti coloro che scaricano queste cose lo facciano per coltivare una passione pericolosa per sé e, soprattutto, per gli altri? E ancora: chi registra sul proprio computer questi materiali è colpevole quanto coloro che li producono? E davvero si può considerare un delitto, come indica la citata bozza legislativa, realizzare con il computer immagini fasulle di pornografia infantile ? Criminalizzare tutto senza eccezioni, senza distinzioni, senza accurate analisi dei pro e dei contro, non significa forse abbandonarsi alla rabbia e alla repulsa? Non dovremmo pretendere una maggiore saggezza dal nostro Legislatore?

Non so quale sia la soluzione ad un problema che tocca tutti così nel profondo, quel che mi pare acclarato è che una criminalizzazione tout-court della pedofilia in quanto tale, anziché dell’abuso pedofilo, sia destinata a spingere nell’oscurità chi nasce e si sviluppa con questa patologia e – cancellando così qualsiasi possibilità di confronto pubblico sulla materia – a rendere probabilmente senza fine questa lunga, dispendiosa e difficlissima attività di contrasto. Indagini come quella condotta dalla PolPost di Catania nei giorni scorsi dovrebbero rappresentare un’occasione per porsi qualche nuova domanda.

Gilberto Mondi

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Pubblicato il
20 lug 2005
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