Roma – Traendo spunto dall’interessante articolo di Nicolò Ghibellini del 30 Giugno, vorrei con il presente dare il mio piccolo e personalissimo contributo alla soluzione del problema dell’inquadramento giuridico di una pagina web.
Premetto solo che, a mio avviso, non ci possono essere dubbi sul fatto che una pagina web sia un’opera dell’ingegno ai sensi della Legge sul Diritto d’Autore, numero 633 del 1941 (LDA). Il problema è, semmai, la corretta definizione dei limiti dei diritti nascenti dalla creazione/pubblicazione di una siffatta opera.
Ciò detto, ammetto di considerare fondata la dottrina che vuole avvicinare la pagina web ad un’opera multimediale: alla fine cos’è un sito, se non un insieme organizzato di testi, immagini, suoni, animazioni, reso fruibile e “navigabile” grazie alla presenza di una cornice tecnologica software?
Se questo è vero, il nocciolo della questione diviene l’individuazione del “valore aggiunto” di una pagina web rispetto alla mera raccolta di contenuti eventualmente oggetto di una tutela in sé.
Provo a fare un esempio: prendo 10 immagini libere (annosa questione? se qualcuno è interessato a sapere come e quando le immagini in internet sono protette me lo faccia sapere! NdA), ci aggiungo un sottofondo musicale libero e magari anche un’animazione flash che non è tutelata; infine shakero tutto e riverso il contenuto in una pagina web con un paio di tabelle in html banalmente colorate e quindi non tutelabili in sé come opere dell’ingegno. A questo punto, che succede se un’altra persona prende tutto quello che ho nel mio sito, compresa la struttura html, e lo mette nel proprio? A ben vedere, tutti gli elementi sono o liberi o privi di una tutela: l’usurpazione globale non dovrebbe quindi ritenersi illegittima.
Eppure, secondo la modesta opinione dello scrivente, la pagina web non è solo la somma algebrica degli elementi che la compongono e dell’impianto tecnologico sottostante, ma deve necessariamente considerarsi anche il valore del lavoro di scelta e organizzazione di tali elementi, il quale, come nel caso delle banche dati, deve essere esso stesso oggetto di tutela.
Ovviamente, trattandosi di diritto d’autore, la differenza necessaria per evitare la configurabilità di una violazione è decisamente modesta. Tornando all’esempio precedente, sarà sufficiente l’aggiunta/eliminazione di qualche elemento o l’organizzazione degli stessi in un diverso impianto tecnologico per potersi parlare di una pagina web nuova (e, come tale, oggetto di un autonomo diritto d’autore).
Possiamo comunque porre un primo punto fermo: il diritto d’autore sulla pagina web è diverso e ulteriore rispetto a quello sui singoli elementi che la compongono.
Molto spesso infatti sono proprio quelle componenti che in sé non sono tutelabili a rappresentare il maggiore valore aggiunto di una pagina web: si pensi all’usabilità della stessa, agli accostamenti cromatici, al complessivo “look & feel”.
L’appropriazione in ambito commerciale delle impostazioni grafiche del sito web di un concorrente è stato inoltre ritenuto dalla giurisprudenza atto di concorrenza sleale ai sensi degli articoli 2598-2601 del codice civile. Non a caso la stessa LDA dispone, all’articolo 102, che “è vietata come atto di concorrenza sleale, la riproduzione o imitazione sopra altre opere della medesima specie, delle testate, degli emblemi, dei fregi, delle disposizioni di segni o caratteri di stampa e di ogni altra particolarità di forma o di colore nell’aspetto esterno dell’opera dell’ingegno, quando detta riproduzione o imitazione sia atta a creare confusione di opera o di autore.”
Un altro aspetto che non può essere trascurato è poi quello del rapporto tra il codice e quanto visualizzato concretamente nel browser. Ora, sappiamo tutti che la pagina web che vediamo non è altro che il frutto di un lavoro di? ehm? “interpretazione” da parte del browser. In tal senso, quale deve essere considerato l’oggetto della tutela? Il codice che genera la visualizzazione della pagina? O la visualizzazione della pagina ad opera del browser?
Ritengo che la risposta corretta sia “entrambi”.
Se fosse solo il codice ad essere tutelato, allora sarebbe lecito riprodurre l’aspetto di un sito web in tutto e per tutto, avendo solamente la cura di modificare l’impianto tecnologico, ad esempio utilizzando flash in luogo dell’html. Come noto, non esiste una corrispondenza biunivoca tra quanto visualizzato dal browser e il codice interpretato.
Viceversa, se fosse solo la visualizzazione della pagina ad essere tutelata, sarebbe possibile copiare bellamente porzioni di codice, avendo come unica preoccupazione quella di modificare qualche elemento grafico, come i colori o la posizione delle tabelle. Non ci sono dubbi, infatti, che le applet java o anche gli script possono essere oggetto di un autonomo diritto d’autore, a dispetto del loro apparire o meno all’interno della visualizzazione grafica del browser.
Un secondo punto fermo dovrebbe quindi poter essere: l’oggetto della tutela di una pagina web non è solo quanto visualizzato nel browser ma anche il codice interpretato, di modo che la copia pedissequa dell’uno o dell’altro costituisce una violazione del diritto d’autore.
Riassumendo, quando parliamo di pagina web come opera dell’ingegno oggetto di tutela ai sensi della Legge sul diritto d’autore dovremmo intendere che sono protetti:
– i singoli elementi che la compongono (ma solo se essi stessi sono considerabili opera dell’ingegno);
– il lavoro di scelta e organizzazione degli stessi;
– il “look & feel” grafico della pagina;
– il codice interpretato.
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Infine, vorrei concludere aprendo la via ad una spinosa riflessione: il codice web (html, javascript, vbscript, eccetera) è software/programma per elaboratore? Al di là delle questioni lessicali, mi preme ricordare che, in caso di risposta affermativa, la copia di detto codice web rientrerebbe nella previsione penale dell’articolo 171-bis LDA?
Alessio Canova
Responsabile Portale Patnet.it