Chi erige degli argini ai flussi di bit che scorrono torrenziali in rete? Chi chiude le paratoie per far stagnare la sete degli utenti di contenuti scambiati sulle reti P2P? Sono uno strumento e uno studio del Max Planck Institute for Software Systems tedesco a tracciare una mappa dei provider che dirigono e regolano il fluire dei bit sulle proprie reti nel nome della qualità dei servizi, in barba alle garanzie offerte agli utenti e alla neutralità della rete.
Non blocca solo Comcast, non si limita il traffico solo nei momenti di picco: il tool Glasnost, letteralmente trasparenza , ha l’obiettivo di consentire ai netizen di operare una scelta consapevole, di affidarsi ad un provider che garantisca effettivamente quello che offre nel contratto.
Per eseguire i test sulle reti si è fatto leva sulla collaborazione degli utenti, che tuttora possono vigilare sul comportamento del proprio provider. C’è un’applet Java a simulare uno scambio di dati attraverso il browser: vengono inviati dei flussi TCP prima e dopo che la trasmissione con protocollo BitTorrent è stata stabilita. I ricercatori hanno sviluppato degli strumenti per verificare come si comporti la rete con i pacchetti di dati ordinari e con quelli scambiati a mezzo P2P, discernendo tra i problemi di rete e i blocchi operati dal provider che, a mezzo reset packet, hanno l’obiettivo specifico di imbrigliare i dati scambiati a mezzo torrent.
Tutti i netizen sono invitati a partecipare: è possibile testare la propria connessione e tenere sotto controllo il proprio provider. Un test che in queste ore è preso d’assalto dai cittadini della rete: i server sono perennemente occupati, subissati dalle richieste degli utenti insospettiti dai risultati che l’Institute ha rilasciato.
Sono dei risultati, quelli emersi dai test condotti tra marzo e la metà di maggio sui primi 8mila utenti coinvolti, che stanno scatenando polemiche: Comcast non è il solo provider statunitense a arginare e bloccare i flussi P2P. Anche Cox, che aveva in passato ammesso velatamente di partecipare alle pratiche di traffic shaping si dimostra un assiduo setacciatore del traffico.
Entrambi i fornitori di connettività selezionano gli usi che i propri utenti possono fare della rete : non è stato possibile rilevare eventuali rallentamenti del traffico, ma è stato possibile apprendere che i due provider hanno bloccato il traffico torrent in più della metà delle simulazioni . Sembrano non reggere le strategie difensive che i provider da sempre oppongono a critici e ad autorità: checché ne dicano gli ISP, benché tentino di giustificarsi assicurando che i blocchi vengono imposti solo nelle ore di punta, dal Max Planck hanno osservato come i blocchi si verifichino in maniera omogenea durante l’arco delle giornata .
Ma non ci sono solo gli States: il blocco dei flussi P2P sembra una pratica consolidata anche presso il provider StarHub di Singapore, ma non lo è altrettanto in Canada, i cui provider sono da tempo nell’occhio del ciclone per un eccessiva invasività nella vita online degli utenti.
Anche l’Italia è stata investita dal test: nessun provider sembra però bloccare alcunché. Quelli del Max Plank sono però dati ancora approssimativi , fanno affidamento su un campione non sufficiente per trarre delle conclusioni certe e non monitorano tutte le strategie che i provider potrebbero adottare per dirigere il traffico che scorre sulle proprie reti.
Ma nonostante i dati non siano esaustivi, nonostante i provider più filtranti abbiano tentato di schivare le critiche, le associazioni che si battono per la neutralità della rete si sono scagliate contro gli ISP smascherati da Glasnost. “Vogliono ergersi a gatekeeper della rete”, punta il dito Save The Internet ; “bloccano senza che ce ne sia bisogno” accusano da Public Knowledge ; “gli utenti non possono più fidarsi dei propri provider” commentano da FreePress .
Nel frattempo, dal Max Planck Institute si invitano gli utenti alla partecipazione, per affinare i risultati preliminari emersi dal test, per estrarre dettagli più precisi relativi al comportamento dei provider: il codice su cui si regge Glasnost è stato rilasciato affinché ciascuno possa tentare di migliorarlo e si raccomanda ai netizen di insistere con i test per tracciare una mappa più precisa dell’affidabilità di coloro che dispensano connettività e possono decidere della neutralità delle rete.
Gaia Bottà