Dati relativi ai lettori, dati relativi ai commentatori, indirizzi IP, email e tutto quanto ruoti intorno ad un post pubblicato sul proprio blog: è quanto è stato chiesto a Waldo Jaquith, un netizen statunitense che aveva dato spazio all’analisi di un caso di diffamazione che si è consumato online.
Jaquith si era interessato al contenzioso che oppone un personaggio pubblico e il quotidiano The Hook : in un post aveva ricostruito la vicenda, aveva esposto i propri commenti. Il suo post ha attirato l’attenzione dei legali dell’accusa ed è stato chiamato a testimoniare nell’ambito del processo.
A Jaquith è stato chiesto di rivelare innumerevoli informazioni: qualora fossero in suo possesso, dovrà rendere noti i nomi di tutti gli 81 netizen che hanno commentato il post; dovrà comunicare gli indirizzi IP non solo dei commentatori ma anche di tutti i cittadini della rete che hanno avuto accesso al post; dovrà fornire tutti i log prodotti dal server che abbiano a che fare con l’articolo. Ma non è tutto: Jaquith dovrà consegnare tutte le email che ha scambiato che abbiano una qualsiasi relazione con il post incriminato, tutto il materiale raccolto e prodotto che gli abbia consentito di elaborare l’analisi pubblicata sul proprio blog.
La richiesta di subpoena, spiegano gli esperti in materia, appare poco proporzionata: ricostruire tutte le relazioni che si sono intrecciate intorno ad un singolo post pubblicato da un netizen che non è stato accusato di alcun reato, rischia di invadere senza motivo la privacy di un’infinità di cittadini della rete. ( G.B. )