Nel tentativo di catturare la simpatia dei suoi studenti e di far sfogare il loro rumoreggiare fuori dalle aule scolastiche, Jeffrey Spanierman gestiva un account su MySpace e vi intesseva conversazioni sbarazzine con i discenti. Ora non insegna più, il suo contratto non è stato rinnovato. Il tribunale a cui si è appellato conferma: il suo atteggiamento non si è dimostrato professionale.
Il professor Spanierman, altresì noto come Mr. Spiderman , chiacchierava con i ragazzi di magagne adolescenziali, li intratteneva in facezie goliardiche infarcite di acronimi e colorate dallo slang giovanilistico, li invitava a non chiamarlo “signore” perché in caso contrario sarebbero stati condannati a una punizione “cooooosì lunga che avrebbero dovuto terminare di scontarla i loro nipotini. LOL”. Un consigliere scolastico si è imbattuto nel profilo personale di Spanierman e vi ha rinvenuto foto del professore in tenera età e chiacchiere più che adeguate fra amici, ma dissonanti in una relazione fra docente e discente : ha così diffidato Spanierman dall’impersonare Mr.Spiderman.
L’insegnante ha rimosso il profilo da supereroe e ha travasato la propria identità in Apollo68 . Terminato l’anno scolastico, nonostante gli anni di onorata carriera, la scuola non gli ha rinnovato il contratto. Spanierman si è allora rivolto ad un tribunale per ottenere spiegazioni dall’istituto. Il giudice ha comunicato al professore che la scuola ha agito legittimamente : Spanierman, probabilmente incoraggiato dall’informalità con cui gli utenti comunicano su MySpace, ha varcato la linea della professionalità.
Passi che “le regole ortografiche e grammaticali non sono sempre strettamente rispettate in questi scambi comunicativi casuali o informali”, passino “certe frasi abbreviate”, è il comportamento del docente che appare ingiustificabile alla corte: “Dalla revisione del testo, emerge che l’accusato intendesse comunicare con gli studenti come fosse un loro pari, non come se fosse il loro insegnante”. La scuola ha il pieno diritto di decidere della carriera di Spanierman.
Non è il primo caso in cui i docenti si scontrano con i social network e con il tono informale delle relazioni che vi si intrattengono: in Ohio ai professori viene esplicitamente sconsigliato di impiegare certi canali comunicativi, come se bastasse un profilo su MySpace a screditare la loro autorità e la loro rispettabilità. Ma gli studenti non sono da meno: è noto da tempo che i datori di lavoro pattuglino le reti sociali online alla ricerca di indizi sulla personalità dei candidati, tanto da spingere le autorità a dispensare consigli e a regolamentare questa realtà magmatica. Ora più che mai, la vita sociale di rete è diventata un’arma a doppio taglio, un machete che studenti e genitori brandiscono per sfoltire la concorrenza: le lettere anonime e le email fatte di link a profili personali riempiono le caselle dei docenti incaricati di stilare le liste di ammissione alle università.
Gaia Bottà