La tecnologia della sorveglianza seduce autorità e governi, la possibilità di monitorare ogni singolo cittadino, di ricostruire le sue relazioni e le sue abitudini, di farlo a basso costo, è una tentazione che rischia di far scivolare gli stati in un regime di sorveglianza estensiva, in uno stato di polizia. Mentre nel Regno Unito i programmi per sorvegliare l’intera società civile connessa sembrano strisciare fra le righe di comunicati rassicuranti, Phil Zimmerman , padre di PGP, schermo a tutela della privacy di schiere di cittadini, ammonisce le autorità.
Cam e strumenti di intercettazione , database biometrici e data mining : il Regno Unito starebbe scivolando in una società della sorveglianza senza rendersene conto. La causa di questa irresponsabile spirale di monitoraggio sarebbe da imputare, a parere di Zimmerman, alla “seduzione” che le tecnologie esercitano sulle istituzioni. Tecnologie che, se imbracciate in maniera acritica, sembrano prestarsi ad abusi: permetterebbero alle autorità di “diventare onniscienti”.
“L’avanzamento nelle tecnologie della sorveglianza – spiega Zimmerman a BBC – hanno reso possibile la raccolta di una grande quantità di dati, hanno permesso di organizzare i dati per mezzo dei computer, hanno permesso di ottenere una maggiore consapevolezza riguardo a tutto ciò che succede”. Sorvegliare in maniera estensiva costa poco , assicura Zimmerman: l’evolvere della tecnologia ha rimosso gli attriti con la realtà che in precedenza non consentivano alle istituzioni di vigilare sulla vita del cittadino. Diverso sarebbe se “ci volesse del lavoro e dell’impegno per monitorare le persone”: in quel caso, questo quanto ritiene il padre di PGP, “si raggiungerebbe un equo bilanciamento con la tutela delle libertà civili”.
Fino ad ora sembra essere stato più dispendioso operare questo bilanciamento, monitorare in maniera selettiva piuttosto che rastrellare infinità di record. Nonostante il Regno Unito abbia la consapevolezza che gestire sconfinati database e conservare dati personali è un’operazione ad alto rischio, le operazioni volte alla sorveglianza pervasiva si sono moltiplicate nel corso degli anni. Ma le pressioni di esperti e cittadini e gli incidenti di percorso sembrano aver innescato un sensibile cambio di atteggiamento.
Il Regno Unito vanta uno sconfinato database del DNA , raccoglie informazioni genetiche su cittadini che per qualche motivo sono considerati sospetti . Dopo il pronunciamento della Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo, le autorità hanno iniziato a programmare la rimozione di informazioni relative a cittadini considerati non colpevoli di alcun reato: 800mila record sui 5,1 milioni archiviati. “Il database del DNA gioca un ruolo fondamentale nell’aiutare il Regno Unito a garantire sicurezza dalla criminalità e nell’assicurare i colpevoli alla giustizia – ha spiegato l’ Home Secretary Jacqui Smith – comunque ci deve essere un bilanciamento tra la necessità di proteggere i cittadini e quella di rispettare i loro diritti. Basandoci su un confronto tra rischi e benefici, la nostra idea ora è che si possano distruggere tutti questi campioni”.
Un analogo cambio di fronte sembra essere stato imboccato dalle autorità dall’Isola in materia di intercettazioni e di monitoraggio delle comunicazioni mediate dalla tecnologia. Nonostante si affollino le speculazioni relative all’avvento di un sistema di controllo globale delle comunicazioni online etichettato come Mastering the Internet e incastonato nel più vasto Interception Modernisation Programme , le autorità smentiscono : non si raccoglieranno i contenuti delle comunicazioni, non esisterà un database globale nel quale stoccare i dati rastrellati. Il monito di Zimmerman resta tale: con qualunque tecnologia ci si destreggi “si rischia di sparare a una mosca con un cannone nel momento in cui si tenta di controllare i criminali e si diventa consapevoli di quello che ciascun cittadino sta facendo in ogni momento”.
Gaia Bottà