Bologna – Hanno cominciato realizzando pupazzetti per il merchandising dei grandi film (quelli che gli americani chiamano action figures) e sono finiti per essere lo studio di effetti speciali più innovativo ed indispensabile di Hollywood, tutto attraverso una continua innovazione delle proprie tecnologie e la capacità di ripensare le esigenze della produzione cinematografica.
Sono i Gentle Giant Studios , pionieri della raccolta dati tridimensionali dei film. Loro scansionano volti, occhi, corpi, vestiti, mani ecc. Raccolgono i dati e formano una library da passare a tutti quelli che ne hanno bisogno, da chi deve fare gli effetti speciali a chi fa i videogame a chi appunto realizza il merchandising come i pupazzi.
Tutto cominciò quando la Pixar fece Toy Story: nessuno credette al successo di quel film e così per realizzare il merchandising John Lasseter e soci si rivolsero a questo piccolo studio chiamato Gentle Giant. Qui l’entrata nel mondo del cinema, ma la vera rivoluzione è stata data dall’esigenza di ottimizzare il lavoro: invece che riscolpire da capo i modellini ogni volta che veniva richiesta una modifica, i capi dello studio pensarono di acquistare uno scanner e una stampante 3D che gli consentissero di acquisire il primo modello, modificarlo al computer e poi riprodurlo con la stampante. Da lì è stato un continuo incremento tecnologico andato di pari passo con l’incremento di lavoro in qualità di mediatori tra chi fa film e chi fa merchandising, fino all’incontro con George Lucas.
Fu infatti in occasione della nuova trilogia di Guerre Stellari che venne loro proposto di fare uno scan tridimensionale di tutto quanto fosse sul set: “Facce, corpi, astronavi, spade, pistole, ambienti, vestiti… Scansionammo tutto lo scansionabile acquisendo un’infinità di dati. È la cosa di cui vado più fiero di tutte, perché si tratta di qualcosa che prima non esisteva ed ora è uno standard in tutte le grandi produzioni”. A parlare è Steve Chapman, vice presidente alla Gentle Giant, l’uomo incaricato di trovare nuove tecnologie e soluzioni per fare effetti visuali che tengano la compagnia all’avanguardia. Punto Informatico l’ha incontrato al Future Film Festival di Bologna dove è stato chiamato a raccontare e mostrare l’innovativo lavoro svolto dalla sua società.
Punto Informatico: In cosa consiste la vostra attrezzatura quando dovete lavorare su grandi produzioni?
Steve Chapman: In sostanza tantissimi scanner diversi, uno per ogni parte del corpo e poi uno per gli ambienti, uno per gli oggetti ecc.
PI: Si tratta di tecnologia proprietaria o comprate l’hardware da terze parti?
SC: Alcuni li facciamo da soli, come gli scanner per il corpo degli attori usati in Star Wars, X-Men, Ghost Rider e Harry Potter. Ce li siamo fatti da soli perché ne servivano di particolari. In altri casi invece usiamo quelli che troviamo. Quelli per i grandi ambienti li abbiamo comprati da una compagnia francese che fa robot incaricati di intervenire nelle centrali nucleari in caso di pericolo. Quelli ci sono stati molto utili per acquisire tutti i dati tridimensionali sulle dimensioni e gli ambienti delle astronavi di Guerre Stellari.
PI: E invece, per quanto riguarda il software, anche quello lo sviluppate parzialmente?
SC: Sì, ma meno che possiamo: cerchiamo di non passare tutto il tempo a programmare. Solitamente usiamo Maya per animare i personaggi e Pro Engineer per lavorare sulle superfici degli oggetti che non sono organici. Sono tutti strumenti che già da soli vanno più che bene, infatti il più delle volte se sviluppiamo internamente qualcosa si tratta di materiale che faccia da collante tra software diversi.
PI: Una delle ultime cose che avete fatto è Il Curioso Caso di Benjamin Button , film che implementa un sistema rivoluzionario di motion capture. Qual è la differenza con il passato?
SC: Prima il motion capure si faceva attraverso piccoli sensori posizionati su alcuni muscoli del viso e tutto ciò che era nel mezzo andava indovinato. Le nostre tecnologie invece consentono di catturare tutto il viso dell’attore e tutti i movimenti che compie in ogni fotogramma attraverso l’uso di una polvere fluorescente sparsa su tutto il viso. Così nulla sfugge, tutti i movimenti sono catturati e poi diventano attribuibili all’immagine tridimensionale creata per il film. Il risultato è abbastanza evidente se si vede il film.
PI: Un risultato che vi frutterà l’Oscar a cui siete nominati?
SC: Può essere. Se l’Academy non vorrà premiare la quantità di effetti speciali nei film ma la qualità potrebbe toccarci.
PI: Quali sono le cose più innovative che ti aspetti da questo settore?
SC: Abbiamo già visto creature giganti dallo spazio in mille fogge: quanto ancora possiamo aggiungere ad un film in termini di spazio e creature? Io credo che nel futuro gli effetti speciali innovativi davvero saranno in film come Il Curioso Caso di Benjamin Button cioè là dove sono al servizio della storia.