Nessuno sa se e come i giornali sopravviveranno. Ma c’è chi è convinto che l’informazione si potrà salvare comunque. A patto di abbracciare con convinzione modelli di sviluppo basati sulle news locali, in grado di coinvolgere insieme giornalisti e cittadini. Intanto, Google starebbe preparando una versione ottimizzata del suo Google News.
Il concetto di news locali (o iper-locali) è tra quelli più in voga nelle recenti dissertazioni sul futuro dell’editoria. Ma rispetto ai modelli astratti prospettati in altri articoli, i community network proposti da Richard Anderson su un noto blog hanno il non piccolo vantaggio di essere stato sperimentato sul campo. E di funzionare.
In essenza, i network di comunità sono dei siti web informativi legati alla vita di una specifica comunità. Nel caso di Village Soup , il network messo in piedi da Anderson, la sperimentazione è cominciata nel 1997 con il lancio di quattro siti web in quattro comunità locali del Maine, negli Stati Uniti. I quattro centri, tutti di dimensioni comprese tra 20mila e 50mila abitanti, costituiscono il contesto ideale per sperimentazioni di questo genere in quanto “è in questi luoghi – spazi urbani, centri periferici o ex-città – che i cittadini sono più strettamente impegnati nella promozione del territorio e nelle pratiche di democrazia partecipata”.
A rendere possibile il successo di progetti come il suo, spiega Anderson, è il “rovesciamento del flusso informativo” indotto dalla rete. “Ai vecchi tempi, i giornali nazionali maggiori portavano il mondo nei piccoli centri – chiosa – Adesso sono i reporter, i cittadini e le aziende presenti sul territorio a condividere notizie e informazioni con il resto del mondo. Non c’è più nessun intermediario a monitorare e filtrare il flusso”.
Il modello editoriale proposto da VillageSoup è basato su due tipologie complementari di prodotti. I primi sono dei portali web multi-funzione , all’interno dei quali i cittadini trovano insieme contenuti editoriali veri e propri e informazioni “di prossimità”, non diversamente da quanto accade nelle tradizionali reti civiche. Ad integrare i VillageSoup sul web vi sono poi dei magazine settimanali cartacei , distribuiti separatamente e legati ciascuno ad una specifica comunità locale.
Tra le due tipologie di prodotto sussiste una logica di mutuo rafforzamento . I siti web, spiega Anderson, vengono alimentati attraverso un mix di news e approfondimenti “professionali” – realizzati cioè da giornalisti retribuiti – e contenuti generati direttamente dai cittadini e dalle aziende dei territori. Ogni settimana, poi, una selezione dei migliori articoli viene ricontestualizzata e pubblicata sui magazine cartacei. Mediamente, racconta ancora l’editore, circa 2/3 delle notizie presenti in ogni momento sulla home del sito sono realizzate direttamente dal basso .
Dal punto di vista finanziario, il sostentamento dell’iniziativa viene da una commistione di finanziamenti pubblici, vendita di spazi editoriali e online advertising . In particolare, gli inserzionisti pubblicitari possono acquistare banner sui siti, sui giornali cartacei e sui blog sponsorizzati del network, ed alle aziende viene anche data la possibilità di pubblicare storie editoriali proprie in una parte specifica del sito (i cosiddetti sposored post ). Anderson dichiara entrate pubblicitarie per 2,5 milioni di dollari su base annua.
Ad integrazione di questo, nel 2007 il gruppo ha ricevuto dalla Knight Foundation un finanziamento di 885mila dollari per rendere open-source il progetto. I responsabili lo stanno impiegando per aprire il codice all’eventuale riuso da parte di terzi per siti distinti da VillageSoup.
E mentre nuove forme di editoria vengono sperimentate a livello locale, Google sarebbe al lavoro su un nuovo sistema di display delle news in grado di rendere in qualsiasi momento agli utenti una selezione di news di qualità . È quanto emerge dal racconto di Sharon Waxman, già reporter del New York Times e del Washington Post ed ora redattrice del blog The Wrap .
A raccontare della novità a Waxman sarebbe stato direttamente Eric Schmidt il quale, durante una chiacchierata informale ad una festa, le avrebbe parlato di un “sistema in grado di rendere autonomamente contenuti editoriali di alto livello agli utenti, indipendentemente dalle loro attività di search deliberato”. Il sistema, aggiunge Waxman, potrebbe essere operativo già in sei mesi. Per il momento i rappresentanti di Google hanno rifiutato di commentare riguardo alla vicenda. Ma diversi commentatori, tra cui WebProNews e The Register , non nascondono un certo scetticismo di fronte a rivelazioni che appaiono ancora tutte da dimostrare.
Giovanni Arata