L’uso a fini fraudolenti sfociato in spam e phishing di ogni sorta non è l’unico problema associato alla cara vecchia email. Una errata gestione di questo mezzo può portare alla “Email bankruptcy”, se vogliamo usare il termine reso popolare nel 2002 dal professor Lessig : in altre parole, una ammissione di resa nell’incapacità di gestire la mole di missive rimaste inevase, cui segue un avviso generico a tutti i propri contatti che quelle giacenti verranno cancellate.
Questa bancarotta, al pari dell’economia reale, è solo un punto di arrivo di pratiche sbagliate e prolungate nel tempo. Una delle tante ricerche intraprese negli USA certifica che un gestore su quattro di piccole attività imprenditoriali è impegnato a controllare il suo account oltre venti volte al giorno. Il 16 per cento di queste persone, inoltre, riceve oltre 50 email lavorative su base quotidiana, e il 64 per cento infine ha più di un indirizzo.
Il problema sono gli errori comuni che si commettono nel gestire queste comunicazioni: in un paio di articoli il New York Times ha stimato in 650 miliardi di dollari il danno per le sole imprese americane derivato dal “sovraccarico di informazioni” nato dalla tempesta di email, instant messaging e affini , individuando nella fase di risposta lo scoglio contro cui si arenano gli sforzi maggiori .
Filtri software si sono rivelati efficaci nel contrasto allo spam, o almeno nel moderarlo, in questo caso però va fatta opera di educazione sull’individuo. La dottoressa Monica Seeley di Mesmo Consultancy , co-autrice di “Managing in the Email Office”, ha studiato casi diversi in compagnie private e istituzioni pubbliche accomunati dalla medesima sfida di fondo: restituire alla posta elettronica i vantaggi che le competono. In quello di una azienda di ingegneria ferroviaria, ad esempio, ci si perdeva in ping-pong di messaggi via email quando avrebbe funzionato meglio una telefonata .
Al St. Helen Council , invece, l’abuso della copia carbone e di allegati causava il rapido riempimento della quota riservata alle singole mailbox. In ultimo, al birrificio Young gli impiegati non erano abbastanza competenti sulle implicazioni legali della corrispondenza via email, con conseguenze facili da immaginare .
Alla Mesmo hanno anche messo online un calcolatore per poter stimare da soli quanto ci costi non usare al meglio la nostra inbox. I consigli dispensati nei vari interventi passati al vaglio sono tutti di comune buon senso: ridurre il volume generale delle missive, non abusare della citazione intera del messaggio altrui, trattenersi dal checkmail ossessivo e un po’ di sana netiquette.
Fabrizio Bartoloni
I precedenti interventi di F.B. sono disponibili a questo indirizzo