La mania (o fobia?) delle statistiche contagia anche blogger e piccoli webmaster , nella speranza di una provvidenziale e rigogliosa crescita. Come molti ricorderanno, verso l’inizio dell’anno Google ha inserito nel suo Webmaster Tools , il portale dedicato ai Webmaster per la gestione del rapporto tra il motore di ricerca e il proprio sito, il conteggio di iscritti ai propri feed tramite Google Reader . Tale funzione si aggiunge a quelle abituali di invio della mappa del sito, cancellazione e reinclusione di pagine o intere directory nell’indice e altre accessorie.
Sulla scorta di questo conteggio di iscritti , dal carattere un po’ Google-centric , si sta delineando in rete un nuovo trend : quello di stilare classifiche dei siti e dei blog più ricchi di iscrizioni ai propri feed . Occorre ricordare che in Webmaster Tools sono elencate esclusivamente le iscrizioni ai feed effettuate tramite Google Reader, iGoogle o Orkut (vedi immagine), mentre i lettori che ricevono i feed con programmi di aggregazione diversi dalle applicazioni Google (es. RSSBandit o aggregatori online quali Newsgator o Keypivot ), nell’elenco non vengono conteggiati.
Ciò nonostante, il trend prende subito piede : con eleganza, TechCrunch immediatamente pubblica la lista dei Top Blogs on Google Reader , contenente una vera e propria tabella in formato Excel, con l’aiuto di Zoho.com (che converte le tabelle da formato Excel a HTML e viceversa). Ma ha la sua storia.
Già alla fine dello scorso anno il quotidiano inglese The Guardian pubblicò un articolo , intitolato The new 100 most useful sites (i nuovi 100 siti più utili), in cui si delineavano i cambiamenti introdotti dall’avvento del Web 2.0 rispetto a due anni prima. Il quotidiano cercò di offrire, con quell’articolo, utili riferimenti per dotarsi di strumenti all’altezza dei cambiamenti epocali in atto: spaziò dai nomi di siti da frequentare ai mezzi per tenersi aggiornati. Soprattutto, però, diede quel segnale che oggi viene dato quasi per scontato: spostare il centro delle applicazioni sul Web . Dice l’articolo: “Perché far girare un’applicazione nel proprio browser ? Perché per compiti condivisi tra persone in luoghi diversi, dà modo di accedere a porzioni di lavoro da dovunque, con la protezione di una password”.
Questa è stata la chiave di volta che ha dato alla luce, nella sua interezza, il Web 2.0 e ne ha determinato un’elevata rilevanza, al punto da far parlare di Blogging Journalism , il giornalismo via blog, già anticipato da alcuni nel corso del 2005 e ormai accettato per forza di cose . La velocità della rete e dei blogger spesso supera, anche di molto, quella del giornalista tradizionale, dando notizie con tale anticipo che spesso i grandi quotidiani danno spazio al blogging come parte integrante e naturale dello spazio dei propri contenuti: emblematico può essere il New York Times , conosciuto dagli anglosassoni come la Old Gray Lady (la vecchia signora in grigio) che, secondo l’andreottiana filosofia, non potendo annientare il nemico cerca di farselo amico . Ed è anche il motivo che si pone alla base di questo nuovo trend : i siti e i blog più “dotati” di iscrizioni diventano fonti appetibili , spesso altamente specializzate e in certi casi temibili (un nuovo telefono cellulare, biasimato su Engadget o su Gizmodo , non ha buone prospettive), sulle quali si riversano proventi pubblicitari e a cui attingono, in certi casi, anche i grandi Wire Services .
Spiritosamente, un blogger intervistato via e-mail riguardo alla nuova tendenza, ha detto: “Lo stato di salute economica di un bar si misura a chili di caffè per giorno. L’appetibilità del Web 2.0 si misura a numero di lettori di feed RSS”.
Marco Valerio Principato