Se Milan, il surface computer di Microsoft , ha segnato un passo in avanti nell’evoluzione delle interfacce grafiche, lo stesso non si può dire dal punto di vista della progettazione dell’hardware. Infatti l’idea di un computer che stia sotto un tavolo è qualcosa che gira nell’aria da molto tempo, come già avevano dimostrato, ad esempio, le idee di Nolan Bushnell. Tanto che anche in Italia abbiamo i nostri esempi di computer da tavolo, o tavoli da computer, dedicati all’intrattenimento.
Ci aveva lavorato su Carmelo Civiesse, che ha ideato, progettato, realizzato e ora sta cominciando anche a distribuire un computer da tavolo che funziona con il tocco da installare in locali come ristoranti, pizzerie e pub e che ha il doppio intento di agevolare le ordinazioni e intrattenere i clienti. Infatti, una volta ordinato da mangiare o da bere attraverso il monitor, sotto la superficie del tavolo si riceve un credito che dà diritto ad usufruire dei giochi o degli altri servizi (come la chat, la selezione di canzoni per il video jukebox, la stampa delle foto direttamente dal telefonino via bluetooth).
Si tratta di uno schermo LCD da inserire al di sotto del vetro (un centimetro di cristallo temperato) del tavolo, in modo da proteggerlo dallo sporco e dall’unto, e che ha sotto di sè un case customizzato per non dare fastidio. Per il resto dunque è un normale computer equipaggiato con Windows XP e in grado di far girare il software messo a punto sempre da Carmelo Civiesse.
L’idea potrebbe sembrare (soprattutto per le potenzialità) il fratello minore di quanto stia facendo Microsoft, ma Civiesse non è d’accordo: “Microsoft ha fatto un prodotto diverso dal mio, anche se è sempre per i locali pubblici: loro hanno creato un po’ un giocattolone. Ancora non si capisce bene a che possa servire il multitouch, ci possono fare giusto dei giochini… Noi utilizziamo un tocco solo invece perché non abbiamo sviluppato nessuna tecnologia per l’occasione, giusto l’hardware”.
Punto Informatico: A quando risale il vostro progetto?
Carmelo Civiesse: Il progetto è nato qualche anno fa, abbiamo iniziato a svilupparlo all’inizio del 2005 ed era pronto ai primi del 2006. Il primo locale l’ha installato quindi ad agosto 2006. Era un locale campione che ha fatto da tester e adesso stiamo facendo partire la commercializzazione a livello nazionale ed europeo.
PI: Come fa il sistema a discriminare tra il tocco di un dito e l’appoggio di un bicchiere o di un altro oggetto?
CC: Abbiamo due versioni del tavolo, uno con un touchpad come quello dei portatili, un’area di lavoro molto limitata dove si usa il dito, tipo notebook. E poi c’è la versione con il touchscreen che funziona con lo stesso principio del condensatore, con la proiezione capacitiva, cioè non funziona come al solito con la pressione su una superficie ma è in grado di riconoscere il dito creando una capacità tra il dito e lo schermo. Non è quindi una questione di grandezza, ma ha più a che vedere con il fatto che tra le varie proprietà del corpo umano c’è anche quella di essere un conduttore elettrico.
PI: Come avete programmato il software?
CC: Il sistema operativo è Windows XP e tutto il software è stato programmato in Visual Studio, quindi ambiente Microsoft. Si tratta di programmi che possono anche girare in rete (sia ethernet classica o anche wireless).
PI: Vi siete ispirati all’idea che aveva avuto Nolan Bushnell qualche anno fa?
CC: Non lo conosco.
PI: A cosa vi siete ispirati allora?
CC: Quando ero ragazzo, nel 1984 avevo comprato il Vic20 e da quel momento ho sempre pensato che una cosa simile sarebbe stata molto interessante. Ultimamente ho avuto la possibilità di acquistare un locale da uno zio, ho creato questa pizzeria e ho pensato che finalmente potevo realizzare la mia idea.
PI: La sperimentazione come va? Avete incontrato grossi problemi?
CC: Bene, il software è affidabile e la gente lo trova molto interessante; chiaramente attrae più che altro i ragazzi che lo usano soprattutto per la chat o per i giochi come Chi Vuol Essere Milionario. I problemi più grossi che abbiamo incontrato in fase di sperimentazione sono stati nell’ordine di far capire le cose alla gente: anche se siamo in una società piena di tecnologia la gente quando si siede guarda i prodotti in maniera molto distaccata.
a cura di Gabriele Niola