Roma – “Caro Steve”: è con un tono rilassato e colloquiale che Craig Hockenberry , creatore di due delle applicazioni più scaricate sui melafonini di tutto il mondo vale a dire Frenzic e Twitterrific e vincitore di un premio allo scorso WWDC , scrive una lettera aperta al CEO di Apple per presentare la sua visione sulle dinamiche attuali del marketplace di iPhone. Che, a suo giudizio, rischia di impedire in futuro la nascita di programmi per il cellulare di Cupertino di applicazioni di un certo spessore.
Uno dei passaggi più interessanti della missiva pubblica di Hockenberry riguarda i costi dello sviluppo di un applicativo per iPhone : secondo i tariffari del socio di The Iconfactory, sviluppatori e designer non costano meno di 150-200 dollari all’ora per i loro servigi, per un totale di circa 80mila dollari (60mila euro) di costi di sviluppo per un progetto che richieda 3 mesi-uomo di lavoro. Mettendo in vendita il risultato a 99 centesimi, il prezzo che va per la maggiore su iTunes, secondo i calcoli di Hockenberry si andrebbe in pareggio soltanto vendendo più di 115mila copie del proprio programma. A condizione, tuttavia, che l’idea alla base del prodotto sia vincente e che iTunes piazzi l’applicazione in un punto ben visibile dell’AppStore.
Le cose, tuttavia, si fanno più complesse se si inizia a pensare a progetti di più ampio respiro: se si punta a sviluppi da sei o nove mesi-uomo, i costi lievitano fino a 150mila o 225mila dollari (rispettivamente 113mila e 170mila euro). Per arrivare al pareggio in queste condizioni occorrerebbe vendere non meno di 215mila o 322mila copie del proprio software , un obiettivo decisamente più complesso del caso precedente, che presuppone un’idea geniale, un successo da non meno di 10mila acquisti al giorno per almeno un mese. A queste condizioni, prosegue Hockenberry, “il rischio è troppo alto”.
“Abbiamo un sacco di grandi idee per le applicazioni per iPhone – racconta – Sfortunatamente non stiamo lavorando sulle idee più interessanti e complesse: invece ci stiamo concentrando sui titoli da 99 centesimi, dotati di minore longevità ma maggiore appeal”. Una scelta dettata dalle condizioni di mercato, che rendono “le applicazioni suoneria più attraenti” di tutte le altre: a questo punto, è questa la tesi di Hockenberry, pensare di finanziare un prodotto ad ampio respiro per iPhone è antieconomico .
Insomma, l’idea del noto sviluppatore d’oltreoceano è che la competizione in corso in questo momento nell’AppStore basata unicamente sul prezzo sia poco produttiva e scarsamente lungimirante. Il rischio è l’ impoverimento della piattaforma in termini di innovazione , l’appiattimento su contenuti di scarsa qualità sviluppati con pochi soldi e poche idee: il rischio è che la profittabilità di iPhone e iTunes si esaurisca a causa delle stesse politiche di promozione adottate all’interno dei canali del marketplace ormai affollati da oltre 10mila applicazioni.
E dire che altrove c’è chi , dagli spalti della concorrenza, loda Apple per la lucidità con la quale è solita affrontare le questioni di marketing e posizionamento sul mercato dei suoi prodotti. Per il momento da Cupertino non è giunta alcuna notizia di una replica di Steve Jobs alla lettera di Hockenberry: ma difficilmente l’iCEO si lascerà sfuggire l’occasione di rivedere le politiche di gestione di iPhone se dovesse ritenere in pericolo il successo del melafonino.
Luca Annunziata