Che relazione c’è tra le app e il tempo ? La domanda è più complessa di quanto non ci si immagini, poiché è una relazione che può passare per una misurazione diretta, ma che non si può pesare solo in minuti. Alcune funzionalità in arrivo sugli smartphone degli utenti potrebbero però aiutare quantomeno a compiere il primo passo: entro breve sarà possibile capire quanto tempo passiamo sulle app, in attesa di maturare la giusta consapevolezza per intuire fino a che punto il rapporto con il device possa essere positivo o meno.
Your time on Facebook
Una nuova funzione è in arrivo su Facebook: a parlarne è TechCrunch, secondo cui Facebook avrebbe pronta in fase di rilascio una pagina denominata ” Your time on Facebook ” nella quale è snocciolato il numero di minuti passati sull’app in ognuno dei 7 giorni antecedenti. Tale misurazione consente di capire quanto tempo si sia consumato sul social network ogni singolo giorno, con la possibilità di impostare anche un alert che avverte nel caso in cui si sia superata una soglia considerata eccessiva (una forma di autocontrollo affidato a Facebook, ossia proprio allo strumento che si intende limitare).
Esistono già strumenti di questo tipo. Chi volesse monitorare il proprio uso dello smartphone può già farlo con app dedicate e nel giro di breve tanto iOS quanto Android integreranno strumenti similari direttamente a livello di sistema operativo. Una funzione inserita direttamente all’interno di Facebook è però chiaramente più incisiva e utile, potendo così offrire realmente uno strumento di monitoraggio efficace per coloro i quali, incapaci di porsi una forma di autocontrollo alle proprie abitudini, necessitano di uno strumento terzo in grado di porre un argine.
Secondo recenti i dati AGCOM, intanto, il tempo medio passato dagli utenti italiani su Facebook equivale a circa 50 minuti al giorno , ossia circa 24 ore al mese. Un giorno intero ogni mese prestato alla bacheca di Mark Zuckerberg, essenza primordiale dell’incredibile valore maturato dal social network in questi anni.
C’è tempo e tempo
Eppure il tempo passato sui social network non può essere messo tutto sullo stesso piatto della bilancia. C’è un tempo passivo , infatti, fatto di scrolling (quello che una volta era lo zapping) e di filmati da visualizzare; ma c’è anche un tempo attivo , fatto di socializzazione e di spunti stimolanti. Molto dipende non tanto dallo strumento in sé, quanto dall’uso che se ne fa: dipende dalla cerchia sociale che ci si crea, dai filtri che si inseriscono sul news feed, dalle abitudini di consumo dei post e molto altro ancora, tutti elementi non monitorabili a posteriori e percepibili soltanto dal diretto fruitore.
Misurare semplicemente il tempo consumato sui social media non è dunque assolutamente sufficiente : può aiutare a capire se si vada oltre le proprie aspettative (potendo avere così un conforto oggettivo alle proprie percezioni), ma non può valutare se il tempo sia stato sprecato o investito poiché ciò dipende non dal “quanto”, ma dal “come”. La valutazione su questo punto può arrivare soltanto da una sorta di esame di coscienza che ognuno ha il dovere e l’onere di compiere tra sé e sé. Cercando di capire così quale sia la soglia reale di tolleranza per una vita social salubre ed equilibrata.
Tempo frammentato
Ciò che con maggior difficoltà è possibile valutare, è l’impatto che i social media possono avere sul tempo della giornata non tanto in termini di tempo sottratto alle altre attività, quanto in termini di frammentazione . Si può immaginare ad esempio la giornata di un adolescente che durante la giornata riceve notifiche da Instagram, Facebook, Snapchat, Twitter, casual gaming e app di varia natura, a cui aggiungere il trillo continuo di chat quali WhatsApp, Messenger o altri ancora. Le notifiche sfuggono a qualsivoglia misurazione del tempo , ma al tempo stesso sono un continuo disturbo all’attenzione: le notifiche rompono il tempo dedicato ad altre attività, favoriscono la distrazione, rovinano la qualità dei processi di concentrazione sfuggendo tuttavia al conteggio del minutaggio sulle app.
Ogni notifica non solo ruba pochi secondi, ma distoglie la concentrazione per alcuni minuti , sia che le si dia un seguito (cliccando e visualizzando il contenuto), sia che le si dia soltanto un’occhiata superficiale (distogliendosi comunque dall’attività in corso). Sebbene sia contemplabile una maggior capacità di tolleranza da parte di chi è abituato a questo tipo di interazioni, nasce anche di qui un conclamato disturbo nell’attenzione che le giovani leve, ormai sottoposte continuamente ad un iper-sollecitamento, portano in sé con sempre maggior aggressività. E il problema non è chiaramente soltanto per i più giovani, sebbene sia su questi ultimi che si pone maggior attenzione in virtù degli effetti che la cosa può manifestare in termini di apprendimento e maturazioni di capacità cognitive.
Il tempo frammentato, la divisione binaria del cervello (con un “canale” sempre online in attesa di notifiche e sollecitazioni da contesti diversi da quello su cui ci si sta applicando) e la continua distrazione sono elementi che nessuno strumento di misurazione del tempo consumato sulle app è in grado di evidenziare. Ma è questo un aspetto probabilmente più impattante che non le parentesi – lunghe o corte che siano – che si dedicano esplicitamente ai social network scorrendone le pagine ed i post.
Misurare il tempo non significa capirlo
L’impatto che le app hanno sulla vita quotidiana è un aspetto ancora tutto da approfondire nonostante l’esperienza conti ormai vari anni di prove sul campo. App particolarmente pervasive come Instagram, Facebook ed altri social network (oltre al gaming, per sua natura comunque differente in termini di esperienza d’uso) hanno una ricaduta importante sul modo in cui i tempi della giornata si susseguono e si alternano. Ci sono contesti in cui un minuto passato su Facebook equivale ad una pausa caffé ed aiuta a concentrarsi di nuovo; altri in cui un minuto passato su Facebook può bloccare un fondamentale flusso di studio rovinando un ragionamento e spegnendo per sempre una buona idea.
Misurare il tempo passato sulle app è quindi sicuramente utile, ma non se ne ricava che un valore fine a sé stesso. Non vale insomma più di una misurazione della febbre: qualora sia alta, è cosa intelligente chiedersi il perché, cercare la causa e curare il malato. Il rischio è però quello per cui tale misurazione sia l’unico aspetto tenuto in considerazione, portando a vuote conclusioni circa para-dipendenze da social network con cui para-“esperti” avrebbero buon gioco a riempirsi la bocca. Sempre che, una volta visualizzato il proprio minutaggio, in troppi non credano di aver dedicato persin poco tempo ai social network, abbandonandosi ad un uso ancor più massivo. Questione di percezione, del resto.