Joshua M. Pearce, ricercatore della Michigan Technological University, ha pubblicato un nuovo studio che esplora i benefici apportati dalla proliferazione dei design di hardware open . Un settore in crescita e che, da qualunque punto di vista lo si guardi, garantisce ritorni economici, sviluppi tecnologici e progresso per tutti.
Pearce parte dal presupposto che tecnologia di “manifattura digitale” come le stampanti 3D stanno contribuendo alla diffusione di un nuovo paradigma di produzione “distribuita” sia in ambito scientifico che consumer. Alla base di questo paradigma, ovviamente, ci sono i design di open hardware con modelli 3D condivisi e scaricabili liberamente da Internet.
Il ricercatore propone tre diversi metodi di valutazione dell’impatto dell’open hardware su mercato ed economia, un ambito che meriterebbe uno studio più approfondito perché la percezione dei benefici è al momento inferiore rispetto a quelli connessi alla diffusione del software open source.
Il primo metodo proposto da Pearce è quello di stimare il valore di un design dai risparmi connessi alla produzione distribuita di modelli e manufatti con stampanti 3D, scalando la stima secondo il numero di download dei modelli scaricabili dai principali repository gratuiti.
Il secondo metodo è indirizzato principalmente al settore enterprise, e rappresenta il costo che le aziende avrebbero dovuto sostenere nell’assumere gli ingegneri deputati allo sviluppo di un design equivalente a quello generato e condiviso dagli utenti. Il terzo metodo può tornare utile solo in caso di un maggiore impatto della manifattura distribuita sui mercati produttivi.
In ogni caso, spiega Pearce, applicando i tre metodi indicati si ottengono valutazioni minime dei vantaggi derivanti dalla diffusione dell’open hardware. Vantaggi che includono benefici aggiuntivi – da valutare secondo altri metodi, evidentemente – come la riduzione dei costi, l’accelerazione dell’innovazione scientifica e l’impatto sul settore educativo.
Alfonso Maruccia