Non passa ormai giorno senza un annuncio o un proclama da parte di chi opera nel territorio del quantum computing. Oggi IBM replica a Google che nei giorni scorsi ha presentato il processore Sycamore da 54 qubit (uno in più rispetto a quello introdotto a settembre da Big Blue), parlando di un nuovo successo raggiunto in laboratorio con la pubblicazione di un documento intitolato “Coherent spin manipulation of individual atoms on a surface”.
IBM e quantum computing: l’atomo, il qubit
Il gruppo di Armonk afferma di essere riuscito a mettere a punto un metodo che permette di controllare il singolo atomo in qualità di qubit da sfruttare nelle operazioni di calcolo. Questo grazie a un’apparecchiatura chiamata Scanning Tunneling Microscope (microscopio a scansione per effetto tunnel), un microscopio a tutti gli effetti, che però anziché limitarsi all’ingrandimento di quanto osservato consente di stabilire attraverso l’emissione di microonde la posizione precisa di ogni quantum bit in modo da influenzare la disposizione di quelli adiacenti. Le unità impiegate sono atomi di titanio posizionati su un layer ultrasottile di ossido di magnesio.
Tecnicismi a parte, il risultato ottenuto costituisce un ulteriore step nel percorso di sviluppo dei computer quantistici che un giorno si spera non troppo lontano potranno essere messi a disposizione della comunità scientifica e del mondo accademico anzitutto per finalità di ricerca, andando ben oltre le capacità di calcolo consentite dagli elaboratori odierni. Le sperimentazioni fin qui condotte hanno restituito risultati incoraggianti.
Lo Scanning Tunneling Microscope impiegato è quello che nel 1986 è valdo a Gerd Binnig e Heinrich Rohrer dei IBM Zurigo l’assegnazione del Premio Nobel per la Fisica.