Chi l’avrebbe detto che l’azione, il sangue e l’horror di Diablo sarebbe stato troppo. L’atteso terzo capitolo del videogioco rischia di non arrivare in Cina, e di esser censurato in Germania e Australia.
Per non rischiare di incappare nella scure delle più rigide autorità di controllo (in particolare quella australiana e quella tedesca ) Blizzard si vedrà quindi costretta a cambiare qualcosa per vendere in quei paesi: il sangue. Basterà infatti in questi casi, magari seguendo l’esempio del rosso trasformato in rassicurante gelatina verde come proposto dal Child Safe Viewing Act statunitense, apportare alcune modifiche al design del gioco per assicurarsi il visto censura.
Quello delle Autorità di controllo è un lavoro la cui discrezionalità può compromettere seriamente il lavoro dei programmatori. La politica adottata in Germania, dove è coordinata dal “Dipartimento per i Media dannosi ai giovani”, che ha già bloccato titoli come Gears of War 2, ha addirittura portato Gerhard Florin, dirigente locale di Electronic Arts, a parlare di vera e propria censura : “Quando si discute di giochi si guarda solo alla loro supposta violenza e capacità di creare dipendenza, non al loro status culturale. Le poche software house che restano in questo paese dovranno iniziare a chiedersi se ne vale la pena”. Ha quindi chiesto che venga adottato il sistema di valutazione PEGI , impiegato nel resto d’Europa, al posto del duro USK impiegato in Germania.
Più complicato il discorso per la Cina , che rischia di non vedere mai Diablo III: i paletti imposti dalla censura locale potrebbero non essere mai aggirati dall’intervento dei programmatori.
Jay Wilson di Blizzard ha dichiarato infatti a Wired che “ci sono tante restrizioni lì che potremmo non riuscire a superare, anche se vogliamo e ci proveremo”.
Claudio Tamburrino