“Questo sarà il secolo dei robot”: guarda al futuro con entusiasmo Gianmarco Veruggio , fondatore e presidente del Robotlab di Genova, a capo di progetti come E-Robot , volti all’esplorazione dei fondali sottomarini di Artico e Antartide, da anni impegnato nella divulgazione .
“Nei prossimi vent’anni vedremo delle cose che ora forse non possiamo nemmeno immaginare” ha spiegato Veruggio nel corso di una chiacchierata con Punto Informatico a latere del simposio Robotics: A New Science , organizzato presso l’Accademia dei Lincei a Roma. La robotica sarà uno degli assi portanti della rivoluzione tecnologica dei prossimi anni: ci saranno un’infinità di robot, robot capaci di rispondere alle esigenze più diverse, robot specializzati, robot costosi e robot economici.
Se già freme il popolo degli appassionati, a spronare l’entusiasmo del resto della popolazione penseranno le declinazioni commerciali della robotica, dalla domotica all’automotive. Ma già da ora i robot sembrano essersi guadagnati la fiducia delle persone : Veruggio spiega che, sondando il terreno nei progetti di robotica applicata alle chirurgia, è emersa una certa confidenza dei pazienti nei confronti della macchina. Un atteggiamento positivo che potrà però essere scalfito nel momento in cui si inizieranno a toccare “temi sensibili”, quando uomo e macchina si fonderanno più intimamente, qualora si abusi della tecnologia o qualora la robotica venga impugnata contro l’uomo. A dettare le regole di questa convivenza, sarà la roboetica , con l’insieme di standard che la comunità scientifica tenterà di stabilire affinché la robotica e le discipline con la quale si compenetra agiscano sempre a favore dell’uomo.
Una sfida che potrebbe rivelarsi complessa, poiché sono numerose e variegate le scuole di pensiero a riguardo. Punto Informatico ne ha parlato con il professor Bruno Siciliano , docente dell’Università Federico II di Napoli, presidente per il biennio 2008-2009 di IEEE Robotics and Automation Society . Sono contrastanti gli atteggiamenti di Stati Uniti e Giappone, ancora differente la prospettiva europea e italiana.
Negli Stati Uniti la robotica trova applicazioni quasi esclusivamente nell’ambito spaziale e nell’ambito militare: “per National Science Foundation, l’ente americano preposto ai finanziamenti la robotica è finita” – chiosa Siciliano, suggerendo come la ricerca robotica, dal DARPA Grand Challenge ai più affinati esoscheletri, non siano che occasioni di studiare strumenti bellici con cui equipaggiare gli eserciti del prossimo futuro.
In Giappone , invece, si punta al massimo sul personal robot , per ragioni culturali e per ragioni di tipo sociale: scintoismo e buddismo intravedono un’anima anche nelle macchine, accolte positivamente dalle persone anche in veste di assistenti personali, sempre più indispensabili per assistere anziani che non trovano spazio nella struttura sociale.
“In Italia si punta di più sulla robotica di servizio, all’integrazione dei sistemi robotici piuttosto che sulla realizzazione di simulacri che siano immagine dell’uomo”. La domotica e i robot personali prenderanno piede anche in Italia, ma la comunità scientifica ripone meno interesse nelle caratteristiche esteriori della macchina: “i robot saranno talmente integrati nella vita di tutti i giorni da risultare trasparenti”. È questa una tendenza che si sta progressivamente affiancando al settore già avviato della robotica industriale , una tendenza che, sospinta dall’osservazione di un panorama globale in divenire, attecchisce anche presso le grandi aziende ma anche presso piccole e dinamiche startup, imprese alle volte maturate all’interno delle università stesse.
Ma il settore universitario italiano, sebbene stia incoraggiando iniziative encomiabili, si rivela in molte occasioni carente di un’offerta formativa che sappia accogliere e valorizzare le aspirazioni degli studenti, sempre più interessati alla scienza robotica, ma costretti a seguire percorsi universitari spesso tortuosi. Ciò si deve al fatto che si tende ancora a considerare la robotica una disciplina di elezione, nonostante sia sempre più compenetrata con la vita quotidiana. Un mito che è possibile sfatare solo con la divulgazione.
Non va meglio sul fronte dell’inserimento nel mondo del lavoro: “La comunità scientifica italiana è di prim’ordine, ma mancano i finanziamenti” ha spiegato Siciliano. Ma l’ ambito europeo può offrire molto agli italiani che vogliano lavorare e fare ricerca nell’ambito della robotica: i contratti prevedono trattamenti soddisfacenti, il giovane neolaureato può approfittare dell’esperienza all’estero per la propria crescita professionale.
Gaia Bottà