Pratica commerciale scorretta in violazione del Codice del Consumo: questa l’accusa mossa nei confronti di Poste Italiane che è valsa una sanzione da 5 milioni di euro irrogata dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. Nel mirino la promozione ritenuta ingannevole delle caratteristiche del servizio relative al recapito e al ritiro digitale delle raccomandate.
Sanzione da 5 milioni di euro per le raccomandate non consegnate
Il provvedimento è stato reso noto al termine di una procedura di accertamento durante la quale è emerso che la consegna della corrispondenza inviata con questa modalità non sempre viene eseguita con le tempistiche e le certezze enfatizzate nei messaggi pubblicitari. Di frequente, secondo AGCM, viene inoltre portata a temine in modo diverso rispetto a quanto previsto dalla legge ovvero tramite deposito dell’avviso di giacenza nella cassetta postale anche quando sarebbe invece stato possibile consegnarla nelle mani del destinatario. I numerosi reclami inoltrati dai consumatori hanno fatto scattare un campanello d’allarme.
Si tratta dell’importo massimo consentito dalla legge, ma non risulta deterrente in rapporto al fatturato specifico di Poste Italiane nel 2019 pari a 3,492 miliardi di euro. Per l’Autorità il comportamento di Poste provoca danni non solo ai consumatori, ma anche al sistema giustizia del paese.
L’Autorità ha dunque stabilito che tali comportamenti, in relazione alla mancata adozione di controlli e misure correttive da parte di Poste Italiane, si sono inevitabilmente trasformati in oneri a carico dei consumatori costretti a recarsi agli sportelli con conseguenti perdite di tempo e denaro.
Accertata inoltre la sussistenza di omissioni informative nei messaggi pubblicitari di promozione del servizio di ritiro digitale delle raccomandate: non viene chiarito che è utilizzabile solo ed esclusivamente per gli invii originati in forma digitale.
Secondo AGCM le condotte di Poste Italiane provocano gravi danni al sistema giustizia del paese in conseguenza ai “ritardi dovuti a errate notifiche nell’espletamento dei processi, soprattutto quelli penali”, portando così alla “prescrizione di numerosi reati”.
Il comunicato si chiude citando l’estrema gravità e frequenza della pratica oltre ai notevolissimi danni arrecati ai consumatori ricordando come ancora non sia stata recepita nell’ordinamento nazionale la Direttiva Europea 2019/2161 che fissa il tetto massimo delle sanzione irrogabile al 4% del fatturato annuo.
PEC, l’alternativa intelligente alla raccomandata
Aggiungiamo infine che uno strumento alternativo c’è: si chiama PEC. Più economica e scevra dai problemi legati alla consegna fisica delle comunicazioni, la posta elettronica certificata ha validità giuridica e può essere impiegata per l’invio o la ricezione dei documenti. Le spese di apertura e gestione delle caselle sono ormai irrisorie, nella maggior parte dei casi inferiori rispetto a quelle chieste per l’invio di una sola raccomandata tradizionale.