“Qué no hace Radar COVID” ovvero “Cosa non fa Radar COVID”. Così si apre il filmato condiviso in Spagna dal Ministero della Sanità per promuovere l’utilizzo di Radar COVID, l’applicazione di contact tracing del paese. È l’equivalente della nostra Immuni, anch’essa basata sulla piattaforma comune Google-Apple e basata su un approccio decentralizzato.
Contact tracing in Spagna: cosa non fa Radar COVID
Le analogie non finiscono qui. Nei 38 secondi del video l’istituzione cerca di sciogliere alcuni dei dubbi in merito al software e sgombrare il campo dai timori che ne stanno frenando la diffusione, perlopiù legati alla privacy. Viene messo nero su bianco che l’app non geolocalizza poiché usa solo il segnale Bluetooth, non registra dati personali in quanto tutto è anonimo e cifrato, non identifica le persone incontrate e non invia alcuna informazione essendo l’intero processo eseguito all’interno del proprio smartphone.
La @AppRadarCovid no geolocaliza, no registra datos personales, no identifica a nadie ni envía información fuera del teléfono.#RadarCOVID te avisa de posibles contactos de riesgo para luchar contra el #COVID19
Descárgala:
📲https://t.co/Lk6VBQJscK
🍎https://t.co/YFwQDIawOf pic.twitter.com/Wyt5s48C98— Salud Pública (@SaludPublicaEs) September 12, 2020
I download di Radar COVID hanno superato la soglia dei 4 milioni, raggiungendo una quota simile a quella italiana (se si considera la popolazione totale) dove Immuni è stata installata 5,9 milioni di volte. Una differenza però c’è: in Spagna l’app stata lanciata da poco più di un mese e solo da alcuni giorni risulta disponibile in tutte le 17 comunità autonome. Riportiamo in forma tradotta il commento di Carme Artigas (Segretario di Stato per la Digitalizzazione e l’Intelligenza Artificiale) affidato alla redazione di Reuters che spiega il perché dell’esigenza di realizzare e lanciare uno spot con questo tipo di messaggio.
Il nostro sistema è tanto complesso che dobbiamo renderlo il più semplice possibile. Funziona in background. Lo si può dimenticare e diventa uno scudo di protezione.
Forse ci sarebbe da discutere sulla scelta di definire il software uno “scudo di protezione”: non mette al sicuro dal contagio, non dev’essere interpretato come uno strumento che sostituisce gli altri presidi e le norme sanitarie da rispettare, a partire dall’utilizzo della mascherina e dal distanziamento.
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Artigas ha poi confermato l’interesse del paese nei confronti dell’interoperabilità tra le applicazioni per il contact tracing approntate dai diversi stati europei. Su questo fronte qualcosa si sta muovendo, finalmente, anche se in modo tardivo rispetto a quanto auspicato.