È sempre più pressante il problema dei consumi energetici dei data center: oggi, per ogni dollaro speso in equipaggiamenti informatici, un ulteriore mezzo dollaro viene speso in energia per il raffreddamento . Perché non pensare quindi a localizzare i data center in zone fredde, come ad esempio l’Islanda? Lo sollecita Invest in Iceland , l’agenzia governativa che spinge per far installare i data center nel freddo territorio dell’isola.
A 35 minuti da Reykjavik – spiega Business Week – c’è Grindavik , un piccolo villaggio di pescatori poggiato su rocce vulcaniche quasi sempre coperte di ghiacci lambiti dall’Oceano Atlantico, dove l’agenzia vuole spingere il business.
L’invito di Kristinn Haflioason, project manager dell’agenzia, è quello di correre ad investire in zona . “Dozzine di aziende hanno espresso interesse”, dice. Un proposito supportato anche da altre circostanze favorevoli, quali la riduzione al 15 per cento delle tasse, la presenza di considerevoli quantità di energia di origine idroelettrica e geotermica e la disponibilità di risorse di telecomunicazioni all’altezza della situazione.
Autorevoli studi di settore evidenziano che le strutture di calcolo crescono con rapidità tale da non poter stare al passo, se non per brevi periodi, con i propri dimensionamenti infrastrutturali: su un campione di 311 imprese , il 42 per cento può resistere, con l’attuale dimensionamento elettrico, per periodi compresi tra 12 e 24 mesi , mentre il 23 per cento può arrivare a periodi compresi tra 24 e 60 mesi prima di dover crescere con i consumi .
Secondo lo stesso studio, il 39 per cento di quelle imprese giudica sufficienti i propri impianti di condizionamento per periodi compresi tra 12 e 24 mesi , mentre il 21 per cento dichiara di poter resistere tra 24 e 60 mesi prima di doverli potenziare .
È quindi la crescita esponenziale della domanda a spingere verso l’adozione concreta di simili soluzioni, partendo dalla certezza che l’aumento del fabbisogno di energia elettrica non potrà procedere di pari passo con la crescita della domanda di potenza di calcolo e non potrà limitarsi a contenere gli sprechi o accontentarsi di riciclare parte del calore prodotto.
L’industria IT sta dunque conoscendo la propria crisi energetica. I costi dei consumi nel settore sono raddoppiati tra il 2000 e il 2006 e di questo passo, a parere delle autorità statunitensi, nel 2011 si assisterà ad un ulteriore raddoppio. Con i prezzi dell’energia che puntano continuamente verso l’alto, alimentare e raffreddare questi “SUV” del mondo tecnologico è un’autentica sfida per una considerevole quantità di player.
Di certo – conclude Business Week – spostare i data center in Islanda o in Siberia certamente aiuta, ma non può ritenersi sufficiente a risolvere la crisi energetica.
Marco Valerio Principato