Alcuni studiosi della California University ( UCLA ) hanno individuato un metodo per far produrre raggi X ad un semplice rotolino di nastro adesivo, in quantità sufficiente per effettuare una radiografia .
Non si tratta, nel suo principio di base, di una vera e propria scoperta: circa cinquant’anni fa degli scienziati russi – pur non occupandosi dell’aspetto raggi X – avevano già individuato questo fenomeno radioattivo. Con l’aiuto di moderne tecnologie tutto è stato ristudiato e, in un certo qual modo, “amplificato”: la rilevazione della produzione di raggi X ha poi suscitato talmente tanto interesse che lo studio è stato reso disponibile a tutto il pubblico sulla rivista Nature .
Tutto parte dalla semplice azione di svolgere il nastro ad una velocità di 3 centimetri al secondo . L’ipotesi degli studiosi si collega ad un fenomeno detto triboluminescenza : seguendo questa teoria, sono partiti dall’assunto che l’operazione di svolgimento, comportando una carica positiva per l’adesivo depositato sul nastro e una negativa per il rotolo, produce energia.
Al ridursi della pressione atmosferica durante la separazione vengono prodotti impulsi di raggi X, della durata di un nanosecondo e della potenza di 100 milliwatt. Gli studiosi, per aumentare l’efficacia del processo, hanno svolto il nastro con l’ausilio di alcuni rotismi motorizzati chiusi all’interno di una camera a vuoto.
Durante lo svolgimento del nastro depressurizzato, hanno misurato con un contatore Geiger la quantità di raggi X emessi e questa è risultata pari a quasi 500 milliRoentgen : il fondo-scala dello strumento, come si deduce dal fotogramma mostrato, tratto da questo filmato di cui in fondo alla pagina è a disposizione un estratto.
Si sono quindi serviti di una normale lastra sensibile ai raggi X, di quelle comunemente impiegate dai dentisti per eseguire radiografie alle arcate dentali: ponendo la lastra sopra un dito, poggiato sulla superficie della camera a vuoto entro la quale si stava svolgendo il nastro adesivo, hanno realizzato una radiografia ossea del dito, a dimostrazione della perfetta efficacia produttiva di raggi X del sistema.
Resta, per gli studiosi, sostanzialmente misteriosa almeno per il momento l’origine precisa del fenomeno osservato. “Non ci credevamo. Sul serio pensavamo che non potesse essere vero”, ha detto Carlos Camara, uno degli autori dello studio, riferendosi all’iniziale scetticismo. Neanche il riferimento alla tribologia , a quanto si legge , riesce a spiegare compiutamente il fenomeno riscontrato.
Emergono, da questa esperienza, due aspetti rilevanti: il primo è la possibilità di produrre raggi X in modo economico e sicuro, in quanto non occorrerebbe più costruire macchine in cui siano contenute sorgenti fortemente radioattive, che necessitano di particolari attenzione sia per la manipolazione che per la manutenzione. Il secondo è il rischio che potrebbe ravvisarsi nel normale impiego di nastro adesivo. Ma a questo secondo proposito un altro studioso rassicura : i raggi X vengono prodotti solo ed esclusivamente in condizioni di vuoto. Dunque, si può continuare ad usare il nastro adesivo e svolgerlo tranquillamente senza rischi.
Chi ha dimestichezza con il materiale elettico ed ha qualche anno in più sulle spalle, ricorderà perfettamente il vecchio nastro isolante di tela, generalmente di colore bianco. E ricorderà certamente che, svolgendolo al buio, nel punto di separazione tra il rotolo e la striscia in corso di separazione (simile al grafico qui di lato, prodotto dagli stessi studiosi), emetteva una strana ed affascinante luce blu elettrico, in modo abbastanza vistoso. Forse, utilizzando quel tipo di nastro – ormai oggi irreperibile perché fuori norme di sicurezza – si potrebbe ottenere efficacia ancora maggiore da quest’esperimento.
Marco Valerio Principato