Come vi sentireste se le vostre radiografie finissero sui media di tutto il Mondo? Questa la domanda che si pone il celebre blog mental floss , che mette in dubbio il modo di trattare il personalissimo dato di una lastra radiografica da parte dei media e, è bene aggiungere, di certe direzioni sanitarie o di certi medici.
Sono molte le notizie emerse nel tempo dove ad una radiografia è stato associato il nome e cognome della persona coinvolta . Radiografie “speciali”, destinate inevitabilmente a suscitare interesse nel pubblico, sfruttate senza che i media si siano apparentemente posti il problema di preservare l’identità delle persone coinvolte. “Ma la privacy vale solo per le normali fotografie?”, si chiede il blog.
Una domanda legittima, se si pensa che i dati sanitari sono soggetti a severe restrizioni in moltissimi paesi, anche in Italia, e sarebbe difficile argomentare che la diffusione di questa o quell’immagine non rappresenti una violazione della privacy, se accompagnata dal nome della persona.
L’episodio recente che più ha fatto rumore è quello di un impiegato inglese di mezza età il cui cervello occupa nel cranio uno spazio assai inferiore al normale, un caso strombazzato ai quattro venti per via di una “lastra shock”, e quasi sempre associato al nome e cognome della persona coinvolta, che “non viene considerata un ritardato”. Ma si è parlato anche della radiografia di una donna cinese che metteva in evidenza degli aghi, o altri casi in cui emergevano pallottole nel cranio o persino matite.
Su Snopes , il sito antibufala per eccellenza, si trova nome e cognome di un operaio la cui radiografia ha fatto il giro del mondo, perché lo ritrae con la punta di un grosso trapano nel suo organismo. In quel caso, c’è da dire, l’operaio non solo è sopravvissuto ma ha anche partecipato di gusto come star del giorno a show televisivi negli Stati Uniti.
È una riflessione importante quella di mental floss , che affronta una zona grigia, un “rimosso” che riguarda il modo in cui l’informazione viene diffusa. È forse possibile presentare quelle immagini preservando l’anonimato delle persone? Non è forse sufficiente pubblicarle senza citare nome e cognome per evitare di demolire la privacy di un individuo dinanzi ad un pubblico di sconosciuti?