Lo switch-off e il passaggio al DVB-T2 per un multiplex Rai è fissato tra un paio di settimane, al 10 gennaio 2024, come noto ormai da tempo. I vertici del servizio pubblico hanno però chiesto un rinvio. La conferma è giunta direttamente da Giampaolo Rossi, direttore generale, in audizione alla Commissione parlamentare di vigilanza dei servizi radiotelevisivi (resoconto).
Sul tema dello switch-off, secondo la normativa, noi dovremmo partire sul T2 il 10 gennaio. Tecnologicamente e produttivamente, la Rai è pronta a farlo. Stiamo ovviamente interloquendo con il Ministero circa la possibilità di spostare, anche per noi, questa scadenza, se non altro per una questione di difesa del servizio pubblico.
Chiesto il rinvio per lo switch-off DVB-T2 di Rai
Il motivo della richiesta è legato a due grandi eventi sportivi che andranno in scena il prossimo anno: le Olimpiadi di Parigi e gli Europei di calcio che si disputeranno in Germania. Procedere come da programma con la transizione verso il più recente standard del digitale terrestre potrebbe escludere dalla visione coloro che ancora non si sono dotati dell’apparecchiatura necessaria.
Nel 2024 ci saranno le Olimpiadi e ci saranno gli Europei di calcio. Lo switch-off in T2 rischia di penalizzare un numero per ora non chiaramente quantificabile di famiglie che non hanno ancora l’accesso alla nuova tecnologia attraverso le Smart TV. Quindi, per evitare questi rischi, noi stiamo chiedendo di spostarlo più in là, anche per la Rai, che potrebbe comunque partire il 10 gennaio, perché il rischio è che alcuni blocchi sociali non possano accedere ai grandi eventi sportivi che sono, a tutti gli effetti, servizio pubblico.
Considerando le tempistiche piuttosto strette, non passerà molto prima di sapere se il rinvio ci sarà oppure se il passaggio definitivo di un mux al DVB-T2 sarà effettivo dal 10 gennaio.
Il ruolo di RaiPlay, i colossi USA e l’identità nazionale
Nel suo intervento, Rossi ha trattato a lungo il tema RaiPlay, sottolineandone l’importanza, la crescita registrata nell’ultimo periodo e il delicato tema del sostentamento fornito dai finanziamenti pubblici. La piattaforma è destinata ad assumere un ruolo sempre più centrale.
Sono state chiamate in causa anche realtà come Amazon e Netflix che, pur con modelli di business differenti, operano nello stesso mercato, in relazione alla rappresentazione del nostro paese fornita dalle loro produzioni.
Il potere di acquisto di colossi americani come Amazon e Netflix è oggi inarrivabile, comportando il rischio di un mercato sempre più polarizzato con una dispersione di risorse e di professionalità, ma anche un’ulteriore effetto da tenere sotto osservazione: la presenza di prodotti editoriali potenzialmente omologati da un punto di vista del racconto, ma anche una forma stereotipata della nostra identità.
In altre parole, secondo il direttore generale, l’Italia non può essere raccontata dai colossi stranieri, auspicando che sia la tutela dell’audiovisivo nazionale a raccontare l’immaginario e l’identità della nazione.