Il 4 aprile del 2007 veniva presentata in Parlamento una proposta di legge che avrebbe risolto a monte la questione esplosa in questi giorni, quella del Canone RAI per PC e videocellofonini , una proposta rimasta nei cassetti, mai considerata dal Parlamento, che peraltro poco davvero si è occupato dello scandalo Canone in questi anni.
A segnalarla a Punto Informatico è il suo primo firmatario, l’on. Bruno Murgia (AN), che evidenzia come quella proposta “non avendo ricevuto la dovuta attenzione dal Governo Prodi, spero rientri tra gli obiettivi del prossimo Governo Berlusconi”.
Quella bozza di provvedimento parlava chiaro:
Il canone di abbonamento di cui al comma 1 non è dovuto per la detenzione di personal computer o di telefoni mobili adattati o adattabili alla ricezione delle radioaudizioni .
Sarebbe bastato questo ad escludere i personal computer e i cellulari di nuova generazione dalle applicazioni più controverse di quella legge del 1938 e più volte sistemata successivamente secondo cui la RAI TAX la devono pagare tutti o, almeno, tutti quelli che possiedono apparecchi “atti o adattabili” alla ricezione del segnale radio-televisivo.
“Era chiaro – spiega Murgia a Punto Informatico – almeno per me e per i tanti deputati che sottoscrissero la mia proposta, che prima o poi la RAI avrebbe battuto cassa ai contribuenti”. “La motivazione fu chiara – insiste – non facciamo pagare questa odiosa tassa anche per chi possiede questi strumenti in quanto difficilmente li compriamo per guardarci la televisione; il computer e il telefono servono a ben altro e quindi è inconcepibile tassarne il possesso”.
Secondo Murgia con le letteracce che da Torino ora arrivano agli italiani, e che chiedono il pagamento del Canone anche per PC e telefonini, “si è creato un pericoloso precedente che porterà le tasche degli italiani a svuotarsi sempre più, e in futuro anche per l’aria che respirano”.