Web (internet) – Da quando è stata approvata la Legge 675/96 anche in Italia si fa un gran parlare di privacy, un termine che forse suona meglio di “riservatezza”, e anche sulla Rete questo è uno degli argomenti che ritornano spesso e un po ‘ dappertutto. Due recenti avvenimenti strettamente collegati ad Internet e logicamente fra loro, hanno recentemente riacceso questo dibattito senza fine. Stiamo parlando, per chi se li fosse persi, del “Big Brother Award” e del “Jam Echelon Day”.
Il “Grande Fratello” (Big Brother) è un personaggio di “1984”, un romanzo di George Orwell che descrive una società da incubo, completamente controllata da un Potere assoluto attraverso tecniche di spionaggio e manipolazione delle coscienze dei cittadini. Da quel momento “Big Brother” è diventato sinonimo di intrusione, legale o illegale, del Governo o di qualche potere forte, nella privacy dei singoli.
Il timore di essere continuamente sotto controllo si può prendere terribilmente sul serio, come fanno di solito i fanatici della “Teoria del Complotto” (un buon esempio sono i telefilm della serie “X-Files”), oppure con più filosofia come nel caso di “Privacy International”, una associazione inglese che lotta dal 1990 per la difesa dei diritti civili, che il 18 ottobre scorso nella cornice della prestigiosa “London School of Economics” ha assegnato i premi “Winston” (dal nome del protagonista del libro di Orwell) ad individui ed organizzazioni che si sono seriamente impegnati a favore della difesa della riservatezza.
Nella stessa occasione sono stati anche “premiati” con i “Big Brother Award”, una orribile ma significativa scultura rappresentante una testa schiacciata da uno stivale, coloro che invece hanno attentato ai diritti dei cittadini nel medesimo campo.
La lista completa dei buoni e dei cattivi e le motivazioni dei premi la potete leggere direttamente sul sito, qui vi ricordiamo solo che Jack Straw, Ministro degli Interni del Regno Unito, una volta ha dichiarato che quello telematico è il “crimine del ventunesimo secolo” e che, di conseguenza, occorre “controllare la Rete in maniera più efficace” e che la Experian, vincitrice di un altro premio, è una grossa società che dovrebbe avere una filiale anche in Italia, specializzata nella gestione di informazioni sui consumatori.
L’iniziativa di “Privacy International” è al suo secondo anno di vita e sembra destinata a prendere piede anche altrove visto che il 26 ottobre in Australia si è svolta una analoga premiazione. A quando una simile in Italia?
Quasi contemporaneamente, nata dalle discussioni sulla mailing list “hacktivism” (hacker più attivismo) è stata lanciata una iniziativa denominata “Jam Echelon Day”, presentata come un tentativo di contrastare in modo diretto i programmi di intercettazione della comunicazione: la data prevista per la protesta era stata fissata per il giorno 21 ottobre.
Secondo una vasta letteratura facilmente accessibile in Rete, “Echelon” è il nome di un complesso e capillare sistema di sorveglianza creato allo scopo di controllare tutti i tipi di comunicazione basandosi principalmente su una lista di parole chiave: se nel messaggio intercettato è presente uno di tali vocaboli allora esso viene registrato, ed eventualmente utilizzato per indagini di tipo più tradizionale. Se il sistema che va sotto il nome di “Echelon” esista davvero o meno è ancora argomento di dibattito, anche se il Garante italiano per la legge sulla privacy ci crede sicuramente visto che nel suo “Comunicato n.2” (del 3 marzo di quest’anno) plaudiva all’apertura di una inchiesta della Procura di Roma sul sistema spionistico in questione.
Lo scopo dello “Jam Echelon Day” era quello di mettere in crisi questo sistema spedendo enormi quantità di messaggi di posta elettronica contenenti liste di parole chiave.
A proposito di questa iniziativa, che ha trovato ampio spazio sui mezzi di informazione sia in Rete che fuori (New York Times, CNN. ABC, ZDNet, eccetera) vanno notate alcune cose: il sospetto di essere spiati è vecchio quanto la Rete stessa, già nelle prime versioni di un software storico come “Emacs” era prevista la possibilità di aggiungere (col comando M-x spook) in coda al mail da spedire una lista di parole, scelte casualmente da un elenco di termini “caldi”, al solo scopo di far perdere tempo a eventuali spioni in agguato.
Ma, ammesso che Echelon esista, come molti hanno notato è impossibile verificare concretamente la riuscita o l’insuccesso di una iniziativa del genere che quindi resta solo un sistema, forse discutibile ma sicuramente efficace, per sensibilizzare gli utenti di Internet sulle tematiche della privacy.
A favore dell’esistenza di Echelon gioca però il fatto che operazioni di questo genere sono coperte sempre da un segreto impenetrabile, che può prolungarsi nel tempo anche per molti anni; basti pensare all’operazione VENONA messa in piedi nel 1943 dall’esercito Usa con lo scopo di decifrare i messaggi che si scambiavano le spie del KGB, struttura che rimase segreta anche quando i suoi risultati furono utilizzati nello storico processo per spionaggio contro i coniugi Rosemberg.
L’operazione VENONA durò, stando alle date ufficiali, fino al 1980, ma la sua storia e l’esistenza di quella base nascosta nel Maryland divenne nota solo nel 1995, quando la NSA declassificò e quindi rese di pubblico dominio alcuni dei documenti intercettati e decifrati.
Infine, anche sulla stessa lista dalla quale è partita l’idea dello “Jam Echelon Day”, ci sono state delle voci di dissenso: alcuni si sono lamentati che l’unico risultato dell’iniziativa sia stato quello di intasare le mailbox dei partecipanti con centinaia di messaggi inutili, altri hanno notato che dando troppo credito e spazio a teorie complottiste si rischia di distrarre l’attenzione delle persone dai problemi reali.
Quello che è certo è che Echelon continuerà ad essere un argomento di discussione ancora per molto.