Roma – A volte ci sono dei dettagli che – da soli – dicono molto. Per esempio quando una proposta, tendenzialmente controversa, viene resa pubblica a ferragosto sorge sempre il sospetto che sia stata scelta quella data a bella posta per farla passare inosservata.
Il 16 agosto scorso, il Web Consortium ( W3C ) ha pubblicato la proposta di un gruppo di lavoro, che comprende esponenti di alcune delle maggiori imprese del settore informatico, che potrebbe cambiare il Web per come è nato e lo conosciamo oggi. La proposta prevede l’adozione di una nuova “policy”, vale a dire di una nuova politica, per gli standard del web.
L’argomento non è dei più semplici ma, in linea di massima, potrebbe essere riassunto in questo modo: attualmente il W3C pubblica “raccomandazioni” e “proposte” di standard riguardanti il www; sulle pagine del sito si possono trovare le specifiche dell’Html, dei CSS e di tutta un’altra serie di tecnologie che rendono possibile la visualizzazione delle pagine e la pubblicazione dei contenuti dei siti web. Fino ad oggi si è sempre trattato di standard cosiddetti “aperti”, vale a dire non soggetti a copyright, brevetti o diritti economici di alcun tipo. Chiunque infatti può scrivere un programma che segua uno di questi standard senza dover pagare un centesimo a coloro che lo hanno sviluppato.
Ma, fra qualche mese, le cose potrebbero radicalmente cambiare.
Infatti – qualora la nuova proposta fosse accettata – sarebbe possibile definire standard che usano tecnologie coperte da brevetto e che quindi, per essere usate, dovrebbero essere pagate. Non si tratterebbe di cifre enormi, tanto è vero che si prevede l’introduzione di una licenza “ragionevole e non-discriminatoria” (RAND) che si andrebbe ad affiancare all’attuale, quella “senza diritti d’autore” (RF).
Inutile dire che questa notizia ha provocato un bel putiferio, anche perché fissava al 30 settembre la data ultima per inviare commenti. Le numerose e veementi proteste hanno fatto slittare il termine all’11 ottobre, mentre per il momento, resta ancora ferma al febbraio 2002 la data entro la quale verrà presa una decisione in merito. Ma l’opposizione registrata ha già avuto qualche risultato: il coinvolgimento di Eben Moglen (Free Software Foundation) e Bruce Perens (Open Source Initiative) come esperti nel gruppo di lavoro sulla nuova “policy”, la creazione di una specifica pagina web sull’argomento e l’impegno di sottoporre una nuova versione della proposta al commento pubblico prima dell’approvazione definitiva.
Le critiche comunque non sono arrivate solo da netizen incavolati o fieri sostenitori degli standard aperti, ma anche da diverse Internet Society e, naturalmente, da gruppi come l’EFF , da sempre attenti agli interessi degli utenti di Internet e alla libertà di circolazione delle informazioni.
La principale accusa sostiene che i proponenti vogliano “vendere” il web alle grandi compagnie che sarebbero le uniche a trarne vantaggio, vista la loro capacità di sviluppare nuove tecnologie e di sostenerne l’onere economico. Immaginiamo, per esempio, che un bel giorno (si fa per dire…) venga proposto come standard per le immagini da usare sul web un nuovo formato grafico che contiene un algoritmo coperto da brevetto.
Significherebbe che gli sviluppatori che volessero scrivere programmi che usano quel formato dovrebbero pagare i relativi diritti. In altri termini, la possibilità di inserire in uno standard elementi brevettati, seppure ad un costo “ragionevole”, spianerebbe la strada ad un abuso da parte di coloro che hanno maggiori mezzi economici.
Altri sottolineano che una “policy” del genere sarebbe un vero e proprio stravolgimento della missione del W3C, nato per avere un ruolo di consultazione e di guida e non per fare il “venditore” di programmi coperti da brevetto. Molti degli oppositori ricordano poi che il successo del web è anche strettamente legato al fatto che, fino ad oggi, la tecnologia sulla quale si basa è gratuita ed aperta e che eventuali restrizioni dell’accesso a questa tecnologia andranno a svantaggio di tutta Internet.
L’argomento è scottante e sarebbe bene che ciascuno di noi leggesse la proposta in discussione per farsi una sua opinione in proposito. Conviene farlo subito. Almeno per il momento, il web è ancora accessibile a tutti allo stesso modo. Non è detto che fra quattro mesi sarà ancora così.