Roma – Il CPSR (Computer Professionals for Social Responsibility) è una delle organizzazioni storiche della Rete. Insieme all’EFF (Electronic Frontier Foundation) e all’EPIC (Electronic Privacy Information Center) ha portato avanti, ben prima dell’esplosione del Web, numerose campagne per i diritti dei cybernauti. Nel luglio del 2001 il CPSR ha festeggiato i venti anni di attività e il 30 gennaio scorso ha annunciato l’avvio di un nuovo importante progetto dal nome suggestivo: “Privaterra”.
Partendo dalla considerazione che le nuove tecnologie hanno, tra le altre cose, reso più facile la scoperta e la diffusione di informazioni relative alla violazione dei diritti umani in ogni angolo del mondo, viene rilevato che sono ancora tante le persone e le organizzazioni coinvolte nella difesa dei senza diritti che non possono adoperare in tutta sicurezza gli strumenti di comunicazione, e non solo quelli elettronici. Questo avviene anche a causa del controllo che su di essi hanno molti di coloro che, in diversi paesi, reprimono con la violenza la libertà di pensiero e di espressione.
Ben sapendo che sarebbe impossibile riuscire a garantire una completa sicurezza ai singoli ed ai gruppi che, spesso a rischio della libertà e della vita, trasmettono informazioni sui crimini commessi contro l’intera umanità, lo scopo principale di “Privaterra” è quello di fornire, a coloro che lottano per i diritti umani, servizi, tecnologie e strumenti di conoscenza al fine di rendere alquanto più sicure le loro informazioni e comunicazioni. Accanto a questo obiettivo c’è anche quello di costruire un “luogo” all’interno del quale gli attivisti dei diritti umani possano trovare risorse relative alla sicurezza ed alla riservatezza.
Questo scopo viene perseguito con estrema coerenza fin dalla “policy” del sito dedicato al progetto , che vale la pena di riportare quasi integralmente:
“Detta in poche parole: non facciamo nulla. Non utilizziamo cookies. Non raccogliamo informazioni personali attraverso il nostro sito web. Non rendiamo disponibile in alcun modo il nostro archivio di contatti ad estranei alla nostra organizzazione.
Ovviamente non possiamo promettervi lo stesso trattamento per i siti che non sono nostri. La nostra “policy” non si applica quindi necessariamente ai siti verso i quali abbiamo dei collegamenti. Naturalmente, come richiesto dalla legge, risponderemo ad ingiunzioni legali. Ma, visto che non raccogliamo informazioni personali, avremo ben poco da fornire.
La riservatezza è un basilare diritto umano e Privaterra si impegna a proteggere la riservatezza di tutti i visitatori del proprio sito.”
Sul sito si possono già trovare alcuni materiali interessanti sui progetti, una pagina di richieste di aiuto e collaborazione che meritano di essere prese in considerazione ed un di link a risorse nel campo della riservatezza nella comunicazione elettronica.
Un aspetto positivo di questa notizia, una di quelle che difficilmente passano sui mass media quando si parla di Internet è che, nonostante il clima pesante (per usare un eufemismo) successivo all’11 settembre, ci sono ancora, anche negli Usa, delle iniziative che provano a contrastare la tendenza dominante a ridurre l’intera Rete ad una enorme macchina volta solo allo spionaggio ed al sostegno delle guerre a colpi di bombe contro i vari “imperi del male”.
Un altro è che, sebbene siano passati più di venti anni, è ancora viva – almeno in alcuni ambienti – una idea di Internet che qualcuno sicuramente bollerebbe come “vecchia e sorpassata” ma che, a ben guardare, è quella che ne ha decretato la fortuna internazionale e che, innegabile vantaggio, risente decisamente poco degli alti e bassi della cosiddetta new economy.
Non sappiamo se questa iniziativa avrà il successo che meriterebbe, ma siamo certi che, presto o tardi, da qualche parte, qualcuno proverà a contrastarla in qualche modo ed allora sarà importante schierarsi, perché difendere la riservatezza di coloro che lottano per i diritti umani significa difendere direttamente anche i propri diritti.