RapidShare aveva promesso di non monitorare i contenuti caricati dagli utenti, aveva promesso di non collaborare con i detentori dei diritti. L’abitazione di un cittadino tedesco è stata perquisita, gli è stata contestata la violazione del diritto d’autore: a rendere possibile l’identificazione sarebbero dei dati consegnati dal servizio di file hosting.
È stato l’album Death Magnetic dei Metallica ad attirare l’attenzione delle major: rimbalzato in rete in anteprima rispetto all’uscita ufficiale, era stato caricato su RapidShare anche da un cittadino tedesco. Nei giorni scorsi, la perquisizione delle forze dell’ordine, il sequestro di computer e hard disk. L’accusa che pende sul presunto uploader è quella di aver condiviso in anteprima l’album in violazione del diritto d’autore. Si tratterebbe del primo caso tedesco in cui ad essere coinvolto è un utente del servizio di sharing.
I cittadini della rete si sono arrovellati per chiarire le dinamiche degli eventi. L’industria della musica avrebbe fatto pressione su RapidShare per ottenere l’indirizzo IP dell’uploader, l’avrebbe ottenuto stiracchiando la sezione 101 della legge tedesca sul diritto d’autore, che consente all’industria di rastrellare indirizzi IP e di chiedere che un magistrato ordini al fornitore di connettività di snocciolare il nome dell’abbonato che impersona l’indirizzo IP. In questo caso sarebbe stato effettuato un passaggio in più: l’industria avrebbe chiesto al servizio di hosting l’indirizzo IP del netizen , una volta ottenuto l’indirizzo IP avrebbe chiesto al provider di dare un nome all’abbonato, con la mediazione dell’autorità giudiziaria.
Fino a pochi mesi fa la posizione del fornitore di spazio d’archivio era granitica. Nonostante la denuncia con cui GEMA, il corrispettivo tedesco della SIAE, l’accusava di lucrare sui traffici di contenuti intessuti dagli utenti, nonostante la sentenza con cui un tribunale gli imponeva di monitorare netizen e contenuti, RapidShare aveva promesso di non collaborare. RapidShare si sarebbe ora piegato a consegnare uno dei propri utenti. C’è chi prevede che l’industria dei contenuti possa rivolgersi con sempre più frequenza ai servizi localizzati in Germania per rivalersi contro coloro che condividono materiale in violazione del diritto d’autore: i detentori dei diritti hanno già chiesto che i servizi di hosting vengano inclusi nella lista nera dei siti a cui i provider dovranno impedire l’accesso.
L’industria potrebbe invece trovarsi ad agire su un terreno più aspro in Svezia. Nonostante la controversa condanna di The Pirate Bay, nonostante la recente entrata in vigore della legge IPRED , i detentori dei diritti potrebbero rigirarsi fra le mani liste di indirizzi IP senza poterli trasformare in utenti sospetti .
La legge, che avrebbe già dispiegato un effetto deterrente sui cittadini della rete, consente ai detentori dei diritti di rivolgersi a un tribunale per ottenere un mandato con cui chiedere agli ISP l’attribuzione dell’identità di un abbonato agli indirizzi IP colti nell’attività di sharing. Ma i provider non ci stanno: alle dimostrazioni di ostruzionismo da parte dell’ISP Bahnhof, si sono aggiunte quelle di Tele2.
La legge imporrebbe la collaborazione, ma non disporrebbe l’obbligatorietà della data retention da parte degli intermediari: “a partire da oggi – ha assicurato il dirigente dell’ISP Niclas Palmstierna – cancelleremo gli indirizzi IP dopo che saranno stati utilizzati per ciò che ci servono ad uso interno”.
Gaia Bottà