Se RapidShare fosse votato esclusivamente allo stoccaggio di file per uso personale si chiamerebbe RapidStore: questa l’opinione di un giudice tedesco. E se RapidShare serve a scambiare file, c’è la possibilità che i suoi utenti commettano delle violazioni rispetto a cui il servizio condivida qualche responsabilità. È così che la Bundesgerichtshof, la corte di giustizia federale tedesca, ribalta una sentenza favorevole a RapidShare e contraria ad Atari, che chiedeva alla piattaforma di rimuovere le copie del proprio videogioco e scongiurarne la circolazione.
Il caso sembrava essersi esaurito nel 2011: RapidShare aveva ricevuto una richiesta di rimozionne da parte di Atari, aveva cancellato i file del videogame Alone In The Dark senza battere ciglio, aveva catalogato le repliche del contenuto per bloccarne la condivisione sul nascere. La corte d’appello di Düsseldorf aveva stabilito che RapidShare avesse risposto in maniera opportuna alla richiesta del publisher videoludico, e che avesse già messo in campo volontariamente degli strumenti sufficienti ad impedire la circolazione di file in violazione del diritto d’autore. La posizione del servizio di file hosting negli anni si è effettivamente ammorbidita: se nel 2008, in seguito ad una decisione di una corte di Amburgo che aveva imposto di innescare un sistema di vigilanza proattiva su contenuti e indirizzi IP atto a prevenire il caricamento di file illeciti senza il bisogno della segnalazione dei detentori dei diritti, aveva assicurato massima privacy e libertà, la piattaforma ha ceduto in parte alle richieste dell’industria affiancando ai preesistenti filtri basati su sistema di hashing dei setacci basati sui link in entrata, nonché campagne di responsabilizzazione rivolte ad una concorrenza additata come più lassista.
Ma questo non basta alla corte federale di giustizia tedesca: ha accolto la richiesta di Atari, che ambisce a un controllo più attivo e serrato che possa prevenire le violazioni al momento del caricamento da parte degli utenti. La corte ha stabilito che RapidShare non è un soggetto inerte, un semplice fornitore di spazio che ospiti copie private che gli utenti hanno pieno diritto di creare e conservare online. Si chiamerebbe RapidStore, ha argomentato il giudice, se permettesse agli utenti di archiviare semplicemente i contenuti di interesse.
E visto che la condivisione è sempre dietro l’angolo, RapidShare dovrebbe offrire delle garanzie ai detentori dei diritti. Perché RapidShare non venga considerato responsabile di violazione, seppur indiretta, del diritto d’autore, non sarebbe sufficiente che risponda con prontezza alle richieste di rimozione per i file individuati dall’industria dei contenuti: la piattaforma, a parere del giudice, avrebbe a disposizione dei mezzi per individuare con tempestività i file sospetti . Basterebbe pensare ai motori di ricerca che battono la rete per raccogliere e indicizzare i file con il nome corrispondente ad un’opera protetta da copyright: RapidShare pare monitori con costanza questi siti che puntano verso le proprie risorse per individuare eventuali violazioni ma non dispone di un filtro interno basato sulle parole chiave, ha osservato il giudice. Per questo potrebbe essere considerata corresponsabile dell’illecito.
Quello che chiede la Bundesgerichtshof, dunque, è che RapidShare adotti “misure preventive tecnicamente ed economicamente ragionevoli”. Ma per stabilire quali siano gli strumenti, soppesarne la proporzionalità, per valutare quanto RapidShare già metta a disposizione dei detentori dei diritti, la corte di giustizia federale rimanda alla corte d’appello di Düsseldorf, che aveva ritenuto sufficienti le misure messe in atto dalla piattaforma. RapidShare confida nel proprio ruolo di “pioniere” della condivisione controllata.
Gaia Bottà