Un piano in due fasi, in grado di ridisegnare gli scenari competitivi e le opportunità di connessione in giro per lo Stivale: il contenuto largamente anticipato del Rapporto Caio, fornito lo scorso marzo dal rispettato esperto di cose di telco al Governo italiano, è ora disponibile sotto forma di una presentazione da 3 megabyte di peso su Wikileaks . E illustra nei particolari lo stato dell’arte della banda larga in Italia (uno stato lento, in verità), nonché i possibili piani per rilanciare l’accesso ad alta velocità nel paese.
Secondo Caio, i motivi per pensare ad un importante investimento in questo settore sono almeno quattro: “è difficile pensare ad un’infrastruttura che abbia più impatti sulla produttività, l’innovazione, la qualificazione di un Paese, delle sue Regioni, delle sue città” si legge nel documento, così come è chiaro che la banda larga “diventerà una variabile chiave della competitività del territorio in grado di attrarre capitali e talenti” e di conseguenza “innestare un circolo virtuoso occupazione-investimenti che può dare un contributo importante alle iniziative in senso anticiclico”.
Ma soprattutto, perché “troppe occasioni si sono fatte scappare nel settore dell’elettronica, dell’informatica, delle telecomunicazioni”, e dunque se si vuole davvero stare dentro il “G8 dell’infrastruttura digitale” occorre pensare come detto ad un programma a tappe che ridisegni l’accesso in Italia: entro 3 anni, nel 2012, la totalità o quasi della popolazione dovrà essere connessa a Internet con velocità definita “adeguata” ai servizi presenti. E poi, per il futuro a medio termine (vale a dire entro 6 anni) occorrerà puntare alla crescita dell’ offerta di nuova generazione, simmetrica e da almeno 50Mbps, ad almeno la metà dei potenziali clienti .
La domanda, Caio lo ribadisce in più occasioni, cresce : entro pochi anni si potrebbe arrivare alla saturazione dell’attuale capacità del network in rame, e in Italia dopo un buon inizio grazie soprattutto agli investimenti di Fastweb la crescita della fibra si è arrestata. Nel frattempo, in altre nazioni europee l’investimento nella tecnologia ottica è cresciuto e decollato, mentre il Belpaese è rimasto al palo: oggi tutti gli sforzi italiani si concentrano sul rame, destinato a diventare obsoleto entro pochi anni e che pone problematiche maggiori sia sul piano dell’efficienza che della manutenzione .
Il Rapporto individua due cardini attorno a cui far ruotare ogni piano: l’ universalità dell’accesso , che dovrebbe “mettere tutti i cittadini e tutte le imprese, in tempi rapidi, in condizione di poter collegarsi alla rete e fruire di servizi che sempre più hanno caratteristiche di essenzialità”, e la qualità della rete , per “per mettere i cittadini e le imprese che vivono e operano nelle zone urbane e a più alta densità allo stesso livello di competitività dei Paesi più avanzati” senza dimenticare la Pubblica Amministrazione.
Ed è proprio su questi due punti che Caio insiste: la copertura effettiva della banda larga , a suo giudizio, è ben lontana da quel 95 per cento indicato alla fine del 2008. A quel valore il consulente dell’Esecutivo sottrae i mini-DSLAM, i MUX, le linee lunghe incapaci di sostenere il carico del segnale a causa dell’attenuazione: il risultato è che oggi solo l’88 per cento della popolazione gode davvero di un servizio ADSL, e i piani fin qui presentati non consentiranno di aumentare in modo significativo questa copertura entro il 2011.
Il 12 per cento di cittadini digital-divisi vuol dire 7,5 milioni di italiani privi di un accesso agli strumenti di comunicazione, informazione e intrattenimento del futuro: il mobile, al momento, per Caio non è in grado di influire in modo significativo per chiudere questo disavanzo, e lo stesso vale per i finanziamenti a pioggia fin qui caduti sul settore. Impossibili da valutare, i capitali riversati dallo Stato nella banda larga sono comunque nell’ordine di diverse centinaia di milioni di euro: ma non sono riusciti a migliorare in modo tangibile la situazione, visto che oggi ci sono ancora molte aree servite da ADSL da 640Kbps che poco o nulla si sposano con l’Internet multimediale e multiservizio.
Il minimo sindacale, se così si può definire, per Caio è costituito da una connessione a 2Mbps : visto che, allo stato dei fatti, non è possibile a breve riuscire a garantire ai cittadini questo standard velocistico, occorre piuttosto pensare a sinergie importanti tra ogni tipo di tecnologia esistente. WiMax, Hyperlan, mobile, persino satellite: tutto fa brodo, tutto può essere impiegato con una spesa stimata in 1,2-1,3 miliardi di euro per garantire che la connettività adeguata ad un’effettiva fruizione e sfruttamento delle risorse della Rete.
Di questi 1.300 milioni di euro, 575 finirebbero al nord, 450 al centro e i restanti sarebbero divisi tra sud e isole: partendo a giugno di quest’anno si potrebbe riuscire a completare lo sviluppo della rete entro il 2011 , in tempo pure per garantire l’accesso ai servizi dematerializzati del piano e-gov 2012 . Inoltre, in questo quadro sarebbe possibile ricorrere anche al cofinanziamento pubblico-privato, senza andare in contrasto con le norme comunitarie: altro aspetto, questo nel rispetto dei regolamenti UE, tenuto in gran conto nella stesura dell’intero documento.
Infine, Caio punta ovviamente ad andare oltre la mera fornitura del minimo indispensabile: la fibra, più di ogni altra soluzione, è vista come fattore abilitante, fermo restando l’impossibilità di realizzare più reti ottiche concorrenti a causa degli elevati costi necessari alla implementazione. La ricetta Caio prevede la condivisione degli attuali cavodotti per raggiungere gli utenti già serviti (in pratica il noto scorporo della rete fissa di Telecom), un diritto di accesso prioritario in caso di presenza di “fibra spenta” e un’attenta regolamentazione da parte di AGCOM e degli altri organi competenti per garantire una reale concorrenza sui servizi .
La soluzione proposta, quella della rete FTTH P2P ( Fiber To The Home Point To Point ) è senz’altro la più costosa, ma è anche quella in grado di offrire il massimo delle garanzie in termini di scalabilità e di concorrenza: lo Stato si dovrebbe fare carico di semplificare le procedure di posa , di sostenere le iniziative volte a rendere popolare la fibra e pure di razionalizzare lo spettro radio per consentire che la concorrenza alla banda larga fissa giunga anche dal mobile (settore in cui l’Italia è uno dei paesi europei più avanti per quanto riguarda numero utenti e penetrazione).
L’obiettivo è, manco a dirlo, il superamento degli interessi pur leciti ma personali delle singole aziende in favore di un interesse generale: l’intervento pubblico, per una infrastruttura in comune ai vari player, è possibile e concorrerebbe ad un totale di circa 10 miliardi di euro in 5 anni . Al termine ci sarebbero 10 milioni di famiglie italiane servite da fibra e banda larga per davvero, e chi avesse deciso di investire potrebbe trovarsi con un ROI compreso nell’interessante forchetta del 11-16 per cento in 10 anni. Per le altre ipotesi il costo è inferiore, ma così pure i ritorni dell’investimento.
Il tutto, lo ribadisce in conclusione lo stesso Caio, dipende essenzialmente dalle decisioni che prenderà il Governo : occorrerà “Definire l’obbiettivo strategico per l’infrastruttura digitale in Italia”, quale sia il “Livello di ambizione nel contesto internazionale”, quale la “Priorità relativa del processo” e soprattutto quali i “Fondi disponibili”. Quel che appare certo è che oggi l’Italia è in ritardo, e un’accelerazione in questo settore è quanto meno necessaria se si vuole riuscire a tenere il passo dei migliori in Europa e nel mondo.
Luca Annunziata