Il commissario di Governo per l’Agenda Digitale Francesco Caio ha presentato alla Presidenza del Consiglio il suo rapporto, dal titolo “Raggiungere gli obbiettivi Europei 2020 della banda larga in Italia: prospettive e sfide”: e se da esso non sembrano emergere problemi per raggiungere prossimamente il 50 per cento di popolazione connessa con banda larga, è diverso il discorso legato al lungo periodo.
Il rapporto non è altro che la conclusione di un lavoro avviato la scorsa estate dal commissario Caio insieme a Gérard Pogorel, professore emerito dell’Università ParisTech di Parigi, e Scott Marcus, già advisor della Federal Communication Commission , su richiesta del Presidente del Consiglio Letta: lo scopo era quello di delineare un quadro della situazione italiana rispetto a digital divide, diffusione della banda larga, investimenti fatti e raggiungimento degli obiettivi imposti dall’Unione Europea attraverso UE 2020.
La principale scoperta – non una sorpresa – dello studio semestrale è che l’Italia è terribilmente indietro per quanto riguarda la diffusione della banda larga e quasi ferma per quanto riguarda quella ultra larga.
A parte questa fotografia, peraltro già scattata da statistiche e studi indipendenti, il commissario Caio si dice positivo sull’obiettivo stabilito da Bruxelles di raggiungere il 50 per cento della popolazione entro il 2016/2017.
Gli attuali piani degli operatori puntano , come strategia per la diffusione della nuova rete, sull’utilizzo dell’architettura FTTcab, cioè con rete in fibra ottica non fino all’abitazione degli utenti, ma fino alla cabina di strada: grazie alla peculiarità della rete italiana, fatta di cabine abbastanza vicine alle abitazioni, ciò dovrebbe consentire con l’evoluzione delle tecnologie xDSL di arrivare agevolmente già a velocità intorno ai 50 Mbit/s, con la possibilità che nelle aree a più alta densità la banda disponibile possa raggiungere i 60-70 Mbps circa.
Se a questa situazione, che richiede relativamente meno investimenti, si somma il fatto che gli operatori sono incentivati dalla crescente domanda di banda, allora secondo Caio è logico supporre che almeno fino al 50 per cento della copertura non saranno necessari interventi da parte del Governo.
Oltre questa fatidica soglia, tuttavia, la situazione si complica: il problema – secondo Caio – è la copertura del 100 per cento, ma certe aree del paese sono “senza alcuna prospettiva definita” di copertura a 30 Mbit/s entro il 2020. Infatti sembrano mancare del tutto piani operativi di dettaglio, a parte piani preliminari di alcuni operatori per raggiungere il 70 per cento entro il 2020, per raggiungere l’altra metà della copertura delle linee con servizi a banda larga e ultra larga.
Inoltre, i piani degli operatori attualmente non prendono in considerazione servizi a 100Mbps: un problema, dal momento che l’Obiettivo 3 della Digital Agenda europea prevede il 50 per cento di penetrazione delle connessioni a 100Mbps entro il 2020.
In assenza di un forte, sostenuto e continuo impegno del Governo italiano, insomma, gli obiettivi stabiliti da Bruxelles saranno mancati. Per questo, in definitiva, per il Rapporto Caio diventa fondamentale il ruolo (eventuale) del Governo: “in assenza di un forte, sostenuto e continuo impegno del Governo italiano – dice Caio – gli obiettivi europei sulla diffusione della banda larga non saranno completamente raggiunti”.
Si conclude così raccomandando al Governo di intervenire, individuando quattro tipi di azione: analizzare l’opportunità di ampliare la quantità di spettro allocato alle comunicazioni radio a banda larga fisse e mobili, compreso “il possibile impiego futuro della banda 700Mhz”; il monitoraggio i piani degli operatori e degli investimenti messi in campo; l’utilizzo dei Fondi Strutturali europei in maniera tale da assicurare a tutta la popolazione l’accesso alla rete a 30 Mbps entro il 2020 (possibilmente attraverso lo sviluppo di un “Piano Nazionale” in grado di coordinare i progetti regionali che ai fondi hanno accesso; l’ottimizzazione degli investimenti nel settore, in particolare attraverso la promozione della condivisione degli investimenti infrastrutturali; infine, secondo Caio, sarebbe opportuno intervenire anche sulla domanda, eventualmente considerando programmi di alfabetizzazione digitale del Paese.
Anche per questo, in concomitanza con la presentazione del rapporto, il presidente del Consiglio, Enrico Letta ha annunciato l’intenzione di creare una matrice “di impegni vincolanti e di obiettivi, basata su scadenze certe e periodiche” e di voler prendere in considerazione l’ipotesi di scorporo della rete nel caso in cui i privati manchino di raggiungere gli obiettivi: programmi, parole e aut aut che devono dimostrarsi concreti per non rischiare di vedere l’Italia condannata a rimanere il fanalino di coda dell’Europa.
Se la politica ha mostrato consensi rispetto ai nuovi impegni del Governo e alle conclusioni considerate poco concrete del rapporto Caio, l’AD di Telecom Italia Marco Patuano, in primis, oltre a ribadire la volontà di dare il proprio contributo all’attuazione dell’Agenda Digitale e ad apprezzare l’attenzione del Governo per queste tematiche dimostrata con il nuovo studio, ha sottolineato la rilevanza strategica degli interventi infrastrutturali di matrice pubblica nelle aree a fallimento di mercato, criticando invece il fatto che come extrema ratio da Letta sia stata anche nominata l’ipotesi dell’imposizione dello scorporo della rete. Anche Asstel se la prende con l’ipotesi dello scorporo e al governo chiede una cosa: che vengano piuttosto rimossi gli ostacoli normativi allo sviluppo delle reti.
Claudio Tamburrino