La notizia era nell’aria già da qualche tempo, ora è ufficiale: Raspberry Pi ha intenzione di quotarsi in borsa. La conferma è giusta sia dai documenti pubblicati sul sito ufficiale sia dal comunicato della London Stock Exchange dove sarà scambiato il titolo, sempre che l’operazione arrivi a concretizzarsi. In molti stanno già storcendo il naso per il possibile impatto della decisione, preoccupati dalle conseguenze di una scelta che potrebbe finire per prediligere il profitto.
IPO: Raspberry Pi al London Stock Exchange
Fin da quando si è iniziato a discutere della mossa, nel mese di gennaio, il CEO Eben Upton ha dichiarato che un eventuale IPO non avrebbe cambiato le modalità operative, volendo rassicurare coloro preoccupati per il futuro (senza però riuscirci). L’esperienza suggerisce altro, staremo a vedere.
Intanto, c’è chi già fa notare una contraddizione scovata tra i documenti appena pubblicati. In un passaggio si afferma che il mercato degli appassionati e dell’istruzione rappresenta il cuore del movimento di Raspberry Pi
, mentre in un altro che il mercato industriale e delle soluzioni embedded costituisce oltre il 72%
. L’uno e l’altro possono coesistere? Oppure, gli obiettivi di bilancio, finiranno per snaturare un progetto che ha da sempre un occhio di riguardo per i desideri e i feedback della community?
Chi segue l’ambito sa bene come, con il passare del tempo (e a causa anche della crisi dei chip), sia diventato man mano sempre più difficile e dispendioso allungare le mani su una delle schede prodotte. La più recente, il modello 5, è stato annunciato nel settembre scorso.
Il timore di molti è che, dovendo rendere conto agli investitori, le priorità possano cambiare, indirizzando risorse e impegno verso ciò che è più redditizio, finendo per accantonare quella filosofia che da sempre contraddistingue l’iniziativa, fin dagli esordi risalenti ormai a una dozzina di anni fa.