Non lasciamoci ingannare dal contenitore, perché è il contenuto a fare tutta la differenza del mondo. Il contenitore dei Ray-Ban Stories sono dei normali Ray-Ban. Anzi: la scelta di un marchio tanto iconico è proprio il punto forte del progetto Facebook, perché nasconde completamente le sue potenzialità dentro una forma ampiamente riconosciuta, tranquillizzante e, quindi, perfettamente mimetica.
La presenza di Facebook nelle strade, tra le persone o negli eventi scompare: questo è il grande passo avanti. Se prima d’ora il gesto di alzare lo smartphone con le mani per scattare una foto o fare un video era requisito necessario per catturare un attimo di realtà, ora sarà sufficiente un tap sull’asticella dell’occhiale o un piccolo comando vocale: invisibili.
Ray-Ban Stories: un nuovo modo di raccontare il mondo
Ecco perché il progetto ha un alto valore dentro di sé: perché totalmente integrato in quella realtà della quale vuol farsi narrazione. Chiunque voglia sedersi dalla parte del narratore dovrà semplicemente acquistare un paio di Ray-Ban Stories e iniziare a registrare quel che vede, quel che sperimenta, quel che vive. I suoi occhi diventeranno i nostri, quelli degli amici e quelli dei follower. Quelle due fotocamere a 5MP proietteranno intere community dentro nuovi ambiti, con un grado di coinvolgimento potenzialmente altissimo.
Per certi versi il progetto potrebbe anche restituire dignità alla narrazione sui social media. Troppo spesso, infatti, l’obiettivo era rivolto verso il narratore, con selfie e video autoreferenziali nei quali le persone descrivevano sé stesse in un contesto. La situazione ora si ribalta e la descrizione sarà quella di un contesto nel quale ci sono le persone stesse. Non è una differenza di poco conto, perché a tornare al centro delle Stories ci sono i fatti, la realtà, la vita. Se non si è persone interessanti, che fanno cose interessanti, vedendo cose interessanti e con un punto di vista interessante, quelle Storie saranno completamente vuote e insignificanti. Forse cambierà (almeno in parte) anche il concetto di “influencer”, perché senza un valore vero difficilmente si riuscirà ad essere nel posto giusto, nel momento giusto, nel modo giusto.
Indossare i Ray-Ban Stories è un moto a procedere in virtù di un modo di essere. Possono diventare un’icona ancor più ricca tanto per Luxottica quanto per Facebook proprio in virtù della bontà che mettono in campo: non smart glass per un nuovo ed ulteriore racconto autoreferenziale, ma un nuovo modo di vedere, catturare e raccontare la realtà. Wearable. Indossarli vorrà dire che ci si siede da una certa parte del mondo: dalla parte di chi guarda e racconta: un’assunzione di responsabilità, per molti versi, a cui si dovranno far corrispondere oneri, responsabilità e virtù.
Nuovi orizzonti
E la privacy? La domanda, così posta, puzza di pregiudizio e di superficialità. La privacy resterà un tema dominante e varrà la pena approfondire a parte questo aspetto. Ma non è questo il principale tema di originalità legato ai Ray-Ban Stories. Per una volta vogliamo guardare al lato positivo del progetto, ai vantaggi che può creare per chi ha la bontà, la capacità, l’intuito e il guizzo artistico di guardare al mondo con occhi nuovi.
Ora tocca a voi, narratori di tutto il mondo. Avete un nuovo strumento e questo apre ad un immenso nuovo panorama di opportunità. Chi è pronto a girare il primo film con Ray-Ban Stories? Chi è pronto ad un nuovo incredibile canale basato su questo nuovo formato? Chi farà esplodere di follower la propria pagina Facebook con reportage, racconti underground, concerti, documentari e quanti altri nuovi stili narrativi? Quali giornalisti ne faranno uno stile vero e proprio? Dietro quelle lenti si vede un orizzonte nuovo: se ti piace raccontare, non potrà che essere un’esperienza eccitante. Purché tu abbia davvero qualcosa da raccontare.