Raleigh (USA) – Rendere il proprio sistema operativo Linux-based sempre più pervasivo all’interno del mondo aziendale. Un obiettivo che Red Hat intende perseguire muovendosi in tre settori di crescente importanza come quello del computing on demand, delle appliance e degli ambienti di virtualizzazione.
Al cuore della strategia di Red Hat c’è una piattaforma, battezzata Linux Automation , che promette di far girare qualsiasi applicazione ovunque e in qualsiasi momento. Tale piattaforma, che poggia su Red Hat Enterprise Linux (RHEL), fornisce una serie di strumenti per lo sviluppo, l’implementazione, la gestione e l’automazione che possono essere utilizzati in varie tipologie di sistemi: server standalone, server virtuali, ambienti di cloud computing e soluzioni basate su appliance.
“Con i nuovi modelli di deployment e le nuove tecnologie che hanno reso le implementazioni IT molto più dinamiche, le applicazioni non sono più legate a un singolo server. Linux Automation semplifica questa complessità, offrendo una piattaforma unica per l’esecuzione, la gestione e l’orchestrazione delle applicazioni”, ha spiegato Scott Creenshaw, vice president Enterprise Linux Business di Red Hat.
Red Hat sostiene che Linux Automation consente ai produttori di software di certificare le proprie applicazioni per RHEL una volta sola , senza doversi preoccupare in che modo e su quali sistemi saranno impiegate: server standalone fino a 1024 processori, server virtuali, servizi di cloud computing e software-as-a-service ed appliance.
L’azienda dal cappello rosso ha appena stipulato un accordo con Amazon per rendere RHEL disponibile sull’Elastic Compute Cloud ( EC2 ) della propria partner, un servizio di utility computing (attualmente ancora in beta) che consente alle aziende di “noleggiare” uno o più server virtuali a distanza e di gestirli attraverso un’interfaccia web. L’abbonamento al servizio ha un costo base di 19 dollari al mese per singolo utente più una tariffa variabile fra gli 0,10 e gli 0,80 dollari per ogni ora di calcolo utilizzata.
Red Hat ha anche annunciato il rilascio, nei primi mesi del 2008, di una speciale versione RHEL, chiamata Red Hat Appliance Operating System , specificamente pensata per girare sulle appliance. Questa piattaforma, che comprenderà anche l’ Appliance Development Kit , permetterà ai vendor di software di distribuire le proprie applicazioni come soluzioni pre-pacchettizzate , eventualmente integrate in un dispositivo hardware amministrabile da remoto. Quando si parla di appliance non si deve pensare esclusivamente a server embedded o dispositivi di rete, ma anche a soluzioni basate su semplici chiavette USB o live CD.
“La scelta di una piattaforma di automazione influenza la flessibilità, compatibilità ed affidabilità dell’intera infrastruttura IT di un’azienda”, recita un comunicato di Red Hat. “Infrastrutture così critiche dovrebbero essere basate su open source e open standard, piuttosto che su alternative proprietarie, che vincolano i clienti e restringono flessibilità e scelta”.
Al centro delle strategie di Red Hat c’è anche Java . Negli scorsi giorni la società dal cappello rosso ha raggiunto un accordo con Sun che prevede l’ingresso di Red Hat nella OpenJDK Community , guadagnando così accesso al Java SE Technology Compatibility Kit di Sun. Questa collaborazione sembra mettere fine agli attriti che negli scorsi anni avevano caratterizzato il rapporto tra le due aziende: non a caso Red Hat è stata fra le prime, mesi addietro, a lodare l’iniziativa con cui Sun ha rilasciato sul canale open source il codice di Java.
La collaborazione tra le due aziende, che attualmente già riguarda l’application server JBoss e la piattaforma Java Enterprise Edition, si estenderà ora anche al Java Standard Edition, che contiene il componente runtime per l’esecuzione dei programmi Java.