La versione 2.2 della piattaforma Red Hat Enterprise Virtualization (RHEV), di cui Red Hat ha appena avviato il beta testing, introduce per la prima volta il supporto alla virtualizzazione dei desktop .
Similmente a prodotti come Citrix XenDesktop e VMware View, RHEV 2.2 include le tecnologie necessarie per virtualizzare i desktop all’interno dei datacenter e renderli accessibili via rete ai vari client aziendali. La nuova piattaforma di Red Hat crea dinamicamente i desktop virtuali on-demand, fornendo a ciascun utente un ambiente personalizzato: in presenza di una rete locale sufficientemente veloce, questo approccio permette di utilizzare un desktop virtuale remoto in modo praticamente indistinguibile da uno locale, preservando le principali funzionalità multimediali (come ad esempio gli effetti di trasparenza e la riproduzione di filmati in alta qualità).
RHEV 2.2 può far girare versioni hosted di Windows (XP, Vista o 7) e Red Hat Enterprise Linux (RHEL), e consentire alle aziende di gestire i loro ambienti desktop utilizzando gli stessi strumenti e le stesse interfacce con cui oggi amministrano i server virtuali. Ma questo non è il solo vantaggio fornito dalle tecnologie di virtualizzazione desktop: l’altro è dato dalla possibilità, sempre in ambito aziendale, di sostituire i tipici PC desktop con più economici thin client o PC rigenerati.
RHEV 2.2 comprende una console per la gestione delle macchine virtuali e un hypervisor standalone basato sulla Kernel-Based Virtual Machine (KVM), la stessa infrastruttura di virtualizzazione già inclusa in RHEL. RHEV implementa poi SPICE (Simple Protocol for Independent Computing Environments), un protocollo per il rendering remoto dei desktop di cui la società dal cappello rosso ha aperto il codice lo scorso dicembre, rendendolo un’appetibile alternativa open source al protocollo proprietario Remote Desktop di Microsoft.
Sotto il profilo delle performance, la nuova versione di RHEV quadruplica la massima quantità di memoria RAM indirizzabile da ciascuna virtual machine, portandola a 256 GB, e raddoppia il numero di CPU logiche utilizzabile da una macchina virtuale, portandolo a 16.
Rimane infine da citare come RHEV 2.2 sia in grado, grazie al nuovo tool di conversione V2V, di importare ed esportare le immagini e i template delle macchine virtuali utilizzando l’Open Virtualisation Format ( OVF ).
Maggiori dettagli su RHEV 2.2 beta possono essere trovati in questo comunicato .
Alessandro Del Rosso