Non vi saranno ulteriori pubblicazioni ufficiali delle denunce dei redditi degli italiani. L’operazione trasparenza voluta dall’Agenzia delle Entrate ha incontrato poco fa lo stop ufficiale da parte del Garante della Privacy.
Come largamente anticipato su queste pagine, il Garante ritiene illegittima e contraria alle normative la diffusione di quei dati da parte dell’Agenzia, sia per le modalità con cui la pubblicazione è avvenuta che per le procedure che sono state seguite.
In una nota il Garante spiega che l’Agenzia dovrà far cessare definitivamente “l’indiscriminata consultabilità”, tramite il sito, dei dati relativi alle dichiarazioni dei redditi per l’anno 2005.
I motivi addotti dal Garante vertono attorno al conflitto con il DPR 600/1973, che non attribuisce all’Agenzia l’autonomia di decidere la pubblicazione dei dati. Inoltre “per le dichiarazioni ai fini dell’imposta sui redditi, la legge prevede unicamente la distribuzione degli elenchi ai soli uffici territoriali dell’Agenzia e la loro trasmissione ai soli comuni interessati e sempre con riferimento ai contribuenti residenti nei singoli ambiti territoriali”.
“L’inserimento dei dati in Internet, inoltre – specifica il Garante – appare di per sé non proporzionato rispetto alla finalità della conoscibilità di questi dati. L’uso di uno strumento come Internet rende indispensabili rigorose garanzie a tutela dei cittadini. L’immissione in rete generalizzata e non protetta dei dati di tutti i contribuenti italiani (non sono stati previsti “filtri” per la consultazione on line) da parte dell’Agenzia delle entrate ha comportato una serie di conseguenze: la centralizzazione della consultazione a livello nazionale ha consentito, in poche ore, a numerosissimi utenti, non solo in Italia ma in ogni parte del mondo, di accedere a innumerevoli dati, di estrarne copia, di formare archivi, modificare ed elaborare i dati stessi, di creare liste di profilazione e immettere ulteriormente dati in circolazione, ponendo a rischio la loro stessa esattezza. Tale modalità ha, inoltre, dilatato senza limiti il periodo di conoscibilità di dati che la legge stabilisce invece in un anno”.
Tra gli altri problemi anche il non aver richiesto il parere preventivo allo stesso Garante che è invece richiesto dalle normative e il non aver previsto una “idonea informativa ai contribuenti” relativa alle forme della diffusione dei dati. A detta del Garante sulla materia in caso di revisione normativa si imporrà l’individuazione di “soluzioni che consentano un giusto equilibrio tra forme proporzionate di conoscenza dei dati dei contribuenti e la tutela dei diritti degli interessati”.
Il Garante ha anche specificato che chi diffonderà ulteriormente quei dati rischia conseguenze civili e penali . “Resta fermo il diritto-dovere dei mezzi di informazione di rendere noti i dati delle posizioni di persone che, per il ruolo svolto, sono o possono essere di sicuro interesse pubblico – continua la nota – purché tali dati vengano estratti secondo le modalità attualmente previste dalla legge”.
L’Autorità pubblicherà anche in Gazzetta Ufficiale il suo parere, parere che fornisce carburante a quelle associazioni che si sono scagliate contro la pubblicazione dei dati.
Ad imporsi a questo punto è evidentemente il fatto che i dati siano destinati a circolare comunque . I file con i dati delle denunce continuano infatti a girare sulle reti di scambio P2P e, se l’esperienza nella lotta alla pirateria sui contenuti può offrire uno spunto di riflessione, è ora difficile ritenere che gli utenti delle piattaforme di sharing decideranno di cancellare quelle informazioni e impedirne così la ulteriore diffusione. Senza contare la diffusa approvazione riscontrata in rete attorno all’operazione voluta dall’Agenzia.