La vicepresidente della Commissione europea Viviane Reding è tornata a parlare della protezione dei dati personali nel quadro dell’Unione Europea. Reding già in passato era intervenuta sull’argomento e aveva affermato che lo spionaggio di massa ai danni dei cittadini europei fosse inaccettabile: ora, nel sottolineare il bisogno della riforma della normativa in materia di Data protection , sostiene che “l’obiettivo è quello di assicurarsi che le aziende e le amministrazioni nazionali non raccolgano più dati di quelli di cui hanno bisogno”, anche perché ne va dello sviluppo del mercato interno e della fiducia dei consumatori.
Reding rileva che questa fiducia sia da ricostruire: secondo le statistiche, ad esempio, il 92 per cento degli europei è preoccupato dei dati raccolti dalle app mobile senza il loro consenso. Una tendenza alla sfiducia confermata anche dall’ultima ricerca di GlobalWebIndex , secondo cui gli strumenti a tutela della privacy (per camuffare identità o localizzazione) sono utilizzati dal 28 per cento dei netizen ed il 56 per cento di quelli intervistati sente che la sua privacy sia stata erosa con l’abitudine all’uso di Internet.
Con lo stesso obiettivo di riconquistare gli utenti, d’altronde, anche Microsoft in settimana ha provato a fare appello alla comunità internazionale per chiedere regole globali in materia di spionaggio, sorveglianza ed accesso ai dati: chiarezza e regole precise in cambio del rinnovo della fiducia.
Inoltre, Vivian Reding sottolinea come l’uniformazione della normativa relativa alla protezione dei dati possa aiutare anche il mercato (digitale) unico, andando a sostituire una situazione frastagliata a causa di 28 diverse leggi in materia e facilitando la vita e gli affari degli operatori del settore.
Si tratta, d’altra parte, di un mercato dalle grandissime potenzialità: solo nel 2011 i dati dei cittadini europei sono stati valutati complessivamente 315 miliardi di euro . Ed entro il 2020 dovrebbero addirittura arrivare al trilione di euro.
Reding, inoltre, torna su uno dei casi affrontati in Europa per dimostrare come gli strumenti attuali siano inefficienti: la modifica della policy sulla privacy introdotta da Google due anni fa che è finita al centro delle indagini di diverse autorità antitrust nazionali europee. Per quanto le autorità europee si siano mosse per correggere quanto fatto da Mountain View, la multa già inflittagli in Spagna – così come quelle che rischia negli altri paesi – sarebbe irrisoria, “spiccioli” come li definisce Reding, rispetto alla grandezza di Big G: una minaccia del tutto inefficiente per le grandi aziende e per garantire ai cittadini che i loro diritti sono protetti.
Per questi motivi una nuova normativa a tutela dei dati è fondamentale: in verità una riforma della materia le istituzioni europee l’hanno pensata già da due anni: ritardi, tuttavia, dice Reding, ci sono stati a livello nazionale, dove i Parlamenti non hanno considerato l’argomento come prioritario nonostante lo scalpore sollevato dal Datagate e dagli altri casi che stanno piano piano scalfendo privacy e fiducia dei cittadini.
Claudio Tamburrino