Nessun database universale delle comunicazioni dei cittadini del Regno Unito: le relazioni mediate dalla tecnologia non convergeranno in un elefantiaco archivio al servizio delle forze dell’ordine. Dovrebbero essere i provider a farsi carico della conservazione delle informazioni necessarie a garantire la sicurezza nazionale.
Ad accennare al cambio di fronte delle politiche in materia del Regno Unito è l’ Home Secretary Jacqui Smith, nel quadro dell’avvio di una consultazione pubblica : l’ Interception Modernisation Programme , il sistema di sorveglianza con cui il Regno Unito meditava di raccogliere e archiviare in tempo reale i dettagli e i contenuti delle comunicazioni mediate dalla tecnologia, si starebbe annacquando in una più ordinaria pratica di data retention. Ma non si rinuncerà al controllo : “gli avanzamenti nei mezzi di comunicazione vanno di pari passo con modi di comunicare sempre più sofisticati – ha spiegato Smith – e dobbiamo assicurare di essere aggiornati con le tecnologie usate da coloro che potrebbero provare a crearci dei problemi”. La sorveglianza sarà massiva ma meno pervasiva del previsto : non verranno archiviati i contenuti delle comunicazioni, ma verranno conservati i dati relativi a tutte le conversazioni, a tutti i profili che popolano i social network , a tutte le sessioni online.
L’ostacolo allo sviluppo di un progetto di monitoraggio massivo, ha spiegato Smith, sarebbe quello della tutela della privacy: far convergere dati personali e dettagli relativi a conversazioni intessute attraverso servizi online sarebbe una mossa quantomeno rischiosa . La responsabilità sarà così affidata ai fornitori di connettività, agli operatori telefonici: in luogo di un archivio globale, i record saranno disseminati presso gli archivi di privati . Certo, i dati saranno reperibili con meno immediatezza dalle autorità competenti: “con i dati conservati da un raggio sempre più ampio di fornitori di servizi di comunicazione – si spiega – potrebbe essere necessario più tempo rispetto ad ora per aggregare le informazioni da aziende diverse relative ad una persona o al dispositivo da cui sono stati originati”.
Ma le autorità dell’Isola sembrano avere una risposta. I responsabili della conservazione dei dati non dovranno semplicemente archiviare log: sarà compito loro organizzare profili e renderli facilmente accessibili , costruire ragnatele di informazioni associando i propri dati a quelli di altri fornitori di servizi.
Il costo dell’operazione? Già nel quadro del recepimento della direttiva europea che regola la data retention le perplessità riguardo ai costi ingenti sembravano spaventare fornitori di connettività e autorità. Si stima che il nuovo progetto di sicurezza mediata dal tecnocontrollo possa avere un costo di 2 miliardi di sterline , oltre 2 miliardi di euro spalmati su 10 anni. I provider hanno messo le mani avanti : ISPA, l’associazione britannica dei fornitori di connettività “si aspetta che il governo si impegni per rimborsare i fornitori di servizi per le spese extra sostenute per conservare e per recuperare i dati”.
Plaudono al cambio di fronte della autorità del Regno coloro che combattono per la privacy del cittadino. Ma la strategia resta discutibile: “se le aziende saranno tenute a conservare ancora più informazioni di quelle che conservano ora – commenta Shami Chakrabarti, a capo di Liberty – preoccuparsi riguardo alle modalità con cui è possibile accedere e usare questi dati diventa ancora più importante”. Ma l’Home Office dispensa rassicurazioni: “riconosciamo che il bilanciamento tra il diritto alla privacy e il diritto alla sicurezza sia un bilanciamento delicato, ma non è un’opzione contemplata stare con le mani in mano e non assolvere al dovere di proteggere i cittadini”.
Gaia Bottà