Assicurare ai cittadini di sua Maestà la rete come servizio universale e assicurare ai produttori di contenuti che i cittadini non abusino della connettività dedicandosi al file sharing illegale . Il report Digital Britain è stato rilasciato dalle autorità del Regno Unito: il futuro del mercato delle TLC e dell’industria dei contenuti dell’Isola è tracciato nelle oltre 200 pagine del documento, che affrontano tutti gli aspetti dell’economia digitale. Un mercato che, si spiega, rappresenta il 10 per cento del PIL del Regno e impiega 2,1 milioni di cittadini, il 6 per cento della popolazione. Il governo si sente investito del compito di intervenire: il mercato finirebbe per assecondare certi trend che si ripercuoterebbero sulla popolazione, le negoziazione fra i diversi attori del mercato potrebbe stagnare in dibattiti insolubili. Per questo motivo le autorità hanno gettato le fondamenta per la svolta, per indirizzare il mercato verso “la massimizzazione dei benefici della rivoluzione digitale”.
Il governo ha agito soprattutto lungo due vie: innanzitutto il Regno dovrà mettere in campo della politiche che sappiano colmare il digital divide che affligge le aree meno convenienti da coprire per gli operatoti. L’obiettivo è quello di offrire a tutti i cittadini 2Mbps come servizio universale entro il 2012: a incoraggiare i provider alla creazione di un’infrastruttura anche laddove ciò non sia appetibile penserà un fondo alimentato da un sovrapprezzo imposto sugli abbonamenti alle linee fisse stipulati dai cittadini. Il governo stima che ogni abbonato debba corrispondere mezza sterlina al mese, 6 sterline all’anno, poco più di 7 euro: questo contributo dovrebbe bastare a innervare di connettività anche il 30 per cento della popolazione che ancora vive disconnessa.
“Una connessione veloce a Internet è vista dalla maggior parte del pubblico come un servizio essenziale, indispensabile come l’elettricità, il gas e l’acqua – ha scritto il Primo Ministro Gordon Brown sulle pagine del Times – Così come i porti, le strade e le ferrovie costruite nel 19esimo Secolo hanno rappresentato le fondamenta della Rivoluzione Industriale che ha aiutato l’Inghilterra a diventare il laboratorio del mondo, così gli investimenti ora nell’industria ICT possono sostenerci nell’emergere dalla recessione per recuperare e consolidare la posizione del Regno Unito come potenza economica mondiale”.
La connettività sospingerà l’economia, e l’industria dei contenuti non farà eccezione: nel report Digital Britain si affronta il nodo della posizione dei detentori del diritti sul mercato digitale, un ambiente intriso di opportunità e altresì denso di minacce per l’industria dei contenuti. Nel tracciare il quadro delle TLC del prossimo futuro le autorità del Regno Unito tengono in particolare considerazione le intersezioni tra la rete e l’industria dei contenuti tradizionale: il Regno Unito prova da tempo a incoraggiare il dibattito, a sollecitare un accordo tra i fornitori di connettività e i fornitori di contenuti. Le trattative si sono puntualmente arenate, strattonate fra le istanze dell’una e dell’altra parte, con i provider restii ad intervenire nei confronti degli utenti e l’industria dei contenuti decisa a ritagliare per i provider un ruolo attivo nel contrasto allo scambio illegale di contenuti online.
Le autorità del Regno Unito da tempo tentano la mediazione: della proposta dell’industria, modellata sulla dottrina Sarkozy , di impegnare i provider nel ruolo di messaggeri e di boia nei confronti degli utenti colti nella condivisione illegale, erano rimasti solo gli avvertimenti somministrati dai fornitori di connettività. Si è scelta la strada dell’ autoregolamentazione e il rapporto Digital Britain dovrebbe stimolare gli accordi fra le parti.
OFCOM, così come emerso negli stralci che hanno anticipato la versione definitiva del report, sarà l’arbitro delle trattative. Vigilerà sulle soluzioni individuate da provider e industria dei contenuti, verificherà se le strategie adottate riusciranno a contenere il file sharing non autorizzato. Nel report, ridimensionando leggermente le aspettative espresse mesi fa, si stima che nel giro di un anno 7 condivisori su 10 preferiranno scegliere le alternative legali dopo l’avvio del regime di soli avvertimenti messo in campo dagli ISP sulla base delle segnalazioni ottenute dall’industria dei contenuti, che batterà i circuiti del P2P per rastrellare indirizzi IP. L’utente che si mostri recidivo e che non si lasci convincere dalle missive recapitate dal provider potrà essere identificato: l’industria, autorizzata da un magistrato, potrà chiedere all’ISP di consegnare il nome e le generalità e potrà trascinare in tribunale il sospetto pirata.
Se, come prospettano recenti indagini in materia, ciò non dovesse bastare, interverranno altre soluzioni: si potrebbe decidere di limitare l’accesso a certi siti , si potrà decidere di bloccare certi protocolli e di razionare la banda del condivisore recidivo. Il governo non chiama in causa le disconnessioni, giudicate incostituzionali in Francia, ma ritiene la pirateria un fenomeno grave: “è qualcosa su cui non si può transigere – si spiega nel report – e a cui non possiamo non rispondere”.
Gaia Bottà