Mezzo secolo dopo aver messo piede sulla Luna, il genere umano ha intenzione di tornarci guardando al nostro satellite non più come a un traguardo da raggiungere, bensì come a un punto d’appoggio da cui transitare per affrontare missioni nello spazio profondo, verso Marte e chissà dove. Per farlo sarà però necessario costruirvi delle vere e proprie basi, così come gli elementi per mantenerle operative. Come? Con una tecnologia ispirata a quella delle stampanti 3D e aiutandosi adoperando un materiale presente in loco.
Sulla Luna con le stampanti 3D
Si tratta della regolite, nota anche come eluvium o polvere lunare, presente sulla superficie e andata formandosi nel corso di milioni di anni in conseguenza all’impatto di corpi celesti come i meteoriti. La proposta arriva dai ricercatori Athanasios Goulas e Ross J. Friel, che hanno immaginato una tecnica di manifattura additiva con l’impiego di un laser in grado di trasformare un quantitativo minimo di energia in calore, così da fondere il materiale e conferirgli la struttura desiderata. Potrebbero essere così creati gli oggetti (ad esempio viti e bulloni) necessari a eseguire un intervento di riparazione o a rimpiazzare una parte danneggiata dell’equipaggiamento.
Regolite e rocce per le basi lunari
Una visione di certo non priva di difficoltà. Dai test finora condotti è stato possibile ottenere strati da 1 mm di spessore, partendo da un materiale con caratteristiche simili a quelle della regolite. È dunque facile immaginare come la costruzione di un muro o di un edificio risulterebbe in questo modo possibile solo nella teoria, necessitando inoltre dell’aggiunta di sostanze leganti per garantire un’adeguata solidità al risultato finale. Per questo si potrebbe però ricorrere alla lavorazione delle rocce. Ci sarebbe poi da fare i conti con il fatto che le stampanti 3D finora progettate sulla Terra funzionano in modo corretto in presenza della forza di gravità e a temperature difficilmente replicabili nell’ambiente del nostro satellite.
Un’idea dunque e per ora poco più, ma non è forse partendo da un simile slancio e spinti dall’ambizione che mezzo secolo fa siamo arrivati sulla Luna?