La WebTax, o Google Tax che dir si voglia, è ancora nei sogni e nei pensieri dell’Italia: lo ha ribadito il presidente del Consiglio Matteo Renzi in TV, riportando in agenda la questione della tassazione dei profitti delle grande aziende IT che sono per lo più sfuggenti al fisco delle nazioni in cui operano . Questa volta la formula ideata da Renzi e dal suo staff si chiama Digital Tax , e non vedrà la luce prima del 2017.
Quello che succederà, ha spiegato Renzi in TV, è che già a partire dalla prossima legge di stabilità (la “finanziaria”, come si chiamava un tempo) verrà ipotizzata una nuova formulazione di un’imposta sulle transazioni economiche che avvengono in Italia: in altre parole, se un’azienda italiana acquista beni e servizi da un fornitore che opera nel nostro Paese allora i profitti andranno tassati direttamente dal fisco del Belpaese . Sembra l’impianto del ddl Quintarelli-Zanetti , che il Governo sembra pronto fare proprio.
È una questione estremamente delicata, da risolvere in punta di diritto: di fatto lo scopo del disegno di legge in questione è quello di equiparare il mondo immateriale del software e dei servizi a quello materiale delle merci fisiche , tentando di svelare eventuali aziende che operino di fatto sul suolo italiano senza tuttavia pagare il dovuto in tasse e imposte. L’ipotesi in campo è un’aliquota del 25 per cento sul fatturato, o in alternativa un accordo specifico con l’erario sulla falsa riga di quanto già accade in altri paesi come l’Irlanda o il Lussemburgo.
Di fatto, Renzi ha deciso di rompere gli indugi: “(…) siccome stiamo aspettando da due anni che ci sia una legge europea abbiamo deciso di attendere tutto il primo semestre del 2016 attendendo l’Ue – ha detto il premier a Otto e Mezzo – ma da questa legge di stabilità già immaginiamo una digital tax che vada con meccanismi diversi da quelli immaginati nel passato a far pagare le tasse nei luoghi dove vengono fatte le transazioni e gli accordi, un principio di giustizia sociale”.
A essere colpiti saranno “I grandi player dell’economia digitale mondiale che per me sono dei miti, come Apple e Google” precisa lo stesso Renzi, consapevole che “Non si arriverà a cifre spaventose, non basteranno a risollevare l’economia del Paese ma è una questione di giustizia”. Non resta che vedere quale sarà la formulazione di questa digital tax, e come possa essere resa compatibile con l’ordinamento europeo senza incorrere in sanzioni e ricorsi .
Torna a farsi sentire anche l’onorevole Francesco Boccia , padre della prima controversa WebTax: “Il principio del far pagare alle aziende della cosiddetta economia digitale le imposte nel Paese in cui fanno business mi soddisfa molto, perché è quello fissato nel 2013 dal Parlamento Italiano che fece da ariete nel dibattito politico europeo”. Provvedimento che venne di fatto cancellato dal Governo Renzi appena insediatosi, e che ora riemerge con una nuova pelle.
Luca Annunziata