RepRap potrebbe sembrare il titolo di un esagitato brano musicale, ma non è così. Si tratta dell’acronimo di Replicating Rapid-prototyper , in buona sostanza il concetto di Star Wars II fatto realtà: un vero e proprio strumento per l’ autoreplicazione .
Sono più di 100 i ricercatori di tutto il mondo che ci si dedicano: l’avventura è iniziata nel 2004 al Cheltenham Science Festival in Gran Bretagna, dove il team ha ora esibito la sua creatura: la prima stampante 3D del mondo che può stampare pezzi assemblabili a mano con il risultato di produrre persino copia della stampante di origine . Naturalmente, anche la stampante riprodotta può autoriprodursi.
Al momento c’è un limite: solo le parti in plastica possono replicarsi, niente metalli, niente elettronica. E ci vuole qualche ora di lavoro umano di assemblaggio per completare l’opera. Ma è solo l’inizio.
Ciò nonostante, è la prima volta che una stampante può riprodurre almeno parte dei suoi stessi componenti. Costa solo 600 dollari , contrariamente ad altre stampanti tridimensionali che invece superano i 50 mila dollari , e il software è open source . Inutile dire che, oltre a sé stessa, la stampante può stampare molti altri oggetti 3D.
Al di là dell’autoreplicazione, la speranza del team è infatti che questa novità possa tornare utile per riprodurre oggetti in plastica di qualsiasi tipo e forma, per esempio parti per gli hobbysti o strumenti e attrezzi per le comunità dei paesi in via di sviluppo.
“Le persone già hanno i propri masterizzatori di CD, stampano le proprie etichette e hanno il proprio laboratorio fotografico”, dice Adrian Bowyer, l’ingegnere che ha avviato il progetto: “Non c’è motivo per non far fare alla gente la stessa cosa per altri oggetti”.
I più curiosi potranno consultare RepRap.org , il sito dedicato al progetto dove non solo ci sono altri dettagli, ma anche le istruzioni per costruire la propria stampante RepRap e una a dir poco nutrita serie di filmati.
Marco Valerio Principato
( fonte immagine )