Roma – Ci speravano davvero in tanti e invece la Commissione Europea ha stabilito che il cosiddetto canone RAI non può rappresentare l’oggetto di un richiamo all’Italia. Una decisione che arriva dopo quasi cinque anni di indagine da parte di Bruxelles ma che, in realtà, lascia ancora aperte alcune domande.
Secondo la Commissione, tanto la legge italiana quanto il contratto 2003-2005 che lega la RAI-Servizio pubblico allo Stato non violano le normative comunitarie e ne sono anzi conformi. Una decisione che ora potrebbe ripercuotersi a favore di tutti i paesi UE che sono oggetto di accertamenti per la presenza del canone tv.
Comprensibile l’entusiasmo del ministro alle Comunicazioni Maurizio Gasparri , fautore del cosiddetto riordino radiotelevisivo, che ha commentato la decisione di Bruxelles spiegando di essere “molto contento per la decisione della Commissione che giunge dopo un lungo e accurato esame da parte dei giudici. Cio’ dimostra la correttezza dei nuovi principi introdotti dalla legge sul riordino del sistema radiotelevisivo e giunge come una risposta indiretta a tutti quelli che, nel corso del dibattito parlamentare, hanno sostenuto l’illegittimità della legge rispetto alla normativa europea”.
Il parere delle autorità comunitarie non sbarra però la strada a quella che qualcuno ha definito “estensione del canone” alle nuove tecnologie. “La diffusione dei nuovi strumenti della comunicazione – ha spiegato a PI un legale di un noto studio romano – sta ampliando le modalità di ricezione del segnale televisivo, con un impatto che dovrebbe essere immediato sugli obblighi relativi al canone RAI”. Se non fosse che, come accennato, tali obblighi rimangono tutt’altro che espliciti.
Il cosiddetto “abbonamento ordinario”, come indicano anche le pagine dedicate del sito RAI, riguarda infatti la “detenzione nell’ambito familiare (abitazione privata) di uno o più apparecchi atti o adattabili alla ricezione delle trasmissioni radio televisive”.
Come già spiegato più volte dagli esperti , anche quelli di associazioni del consumo , non solo il televisore ma anche qualsiasi personal computer che sia predisposto a ricevere le trasmissioni televisive è soggetto al pagamento del canone. Ma ci si può fermare al PC?
“E’ evidente – ha continuato il giurista interpellato da PI – che la presentazione di nuovi servizi avanzati di telefonia mobile, come quelli che consentono di ricevere sul telefonino il segnale televisivo, apre la porta ad una serie di interrogativi che né la nuova legge né il parere della Commissione sembrano risolvere”.
Tutti pronti, dunque, a pagare il canone RAI per un cellulare troppo evoluto?
Dinanzi alle numerose proteste sul senso stesso del canone – si veda ad esempio la petizione ADUC per la sua abolizione – dinanzi alla sempre maggiore diffusione di strumenti capaci di cogliere in vario modo e a vario titolo il segnale televisivo, c’è dunque chi spera in un chiarimento sul fronte normativo che possa non far apparire il possesso di certi dispositivi “televisivi” come una sorta di evasione fiscale di massa .
Anche su questo si interrogano peraltro i molti che da tempo postano commenti sul canone su Usenet, dove abbondano non solo i post di protesta ma anche domande su come e cosa si debba pagare quando non si possiede un televisore. Tutto questo a fronte di lettere dal tono tutt’altro che tenero che vengono inviate dall’URAR, che raccoglie il canone, anche a chi il televisore non lo possiede (ma magari dispone di un PC…). Per questo non mancano i siti che spiegano come disdire l’abbonamento RAI , né i consigli delle associazioni dei consumatori che da anni conducono una battaglia contro il canone .
“Stante la legge attuale – viene spiegato a PI – poiché l’obbligo di pagamento scatta indipendentemente dalla qualità o quantità del segnale e dinanzi al solo possesso di un apparecchio abilitato, non sembra esserci molto spazio di manovra”. Tutto bene, dunque.