Roma – Potrebbe essere un brevetto a creare ostacoli alla diffusione degli RFID in tutti i settori industriali e in particolare in quello della distribuzione. Sono infatti le proprietà su alcune tecnologie-chiave rivendicate dalla Intermec Technologies a preoccupare gli osservatori.
Nel mirino del Garante per la privacy per le loro possibili implicazioni, finiti sotto accusa perché qualcuno ne avrebbe abusato , gli RFID sono il cuore dei progetti di rinnovamento di numerose imprese impegnate nella loro integrazione nelle strutture distributive.
A rendere la vita difficile agli RFID, già adoperati nella Biblioteca Vaticana o nelle carceri dell’Ohio , sarà con ogni probabilità lo standard noto come Electronic Product Code Generation 2 , che punta tra le altre a migliorare l’interoperabilità tra piattaforme RFID di produttori diversi.
Intermec, infatti, non solo detiene il grosso dei brevetti di tecnologie legate agli RFID ma ha anche deciso di far leva su alcune di queste per ottenere importanti vantaggi via via che questo settore si sviluppa. La possibilità di adottare gli RFID in pressoché qualsiasi ambiente di movimentazione merci e distribuzione dei prodotti, nonché le numerose ulteriori applicazioni che si stanno studiando, sembrano rappresentare per Intermec un treno da prendere al volo.
Il nuovo protocollo, che dovrebbe essere varato ai primi di ottobre dall’organizzazione che ne coordina lo sviluppo EPC Global , rientra nei progetti di colossi come Procter & Gamble, Wal-Mart e Metro, tutti in attesa di integrare appieno le nuove tecnologie di identificazione delle merci che promettono forti risparmi sui costi di gestione.
Il timore, ora, è che Intermec per i propri brevetti voglia rivendicare royalty estremamente elevate , e questo nonostante la stessa Intermec abbia ceduto gratuitamente a EPC Global e alle altre società impegnate nel settore numerose tecnologie, più di quanto abbia fatto qualunque altra azienda.
Sebbene proprio Intermec getti acqua sul fuoco, dichiarando che i suoi brevetti sono equiparabili a quelli che sono alla base di tecnologie di larghissima diffusione che i brevetti non hanno certo fermato, come la telefonia mobile, ambienti industriali temono che, dopo Intermec, altre aziende si facciano avanti con rivendicazioni brevettuali destinate a rallentare e rendere più oneroso lo sviluppo RFID .
Per il sistema dei brevetti sulle tecnologie, un sistema che negli USA è già esteso al software e che presto verrà esteso allo stesso modo anche in Europa , il caso Intermec potrebbe, secondo qualcuno, contribuire a considerare una revisione del sistema, come peraltro già chiesto dai tanti oppositori dell’attuale formula di registrazione. Ma secondo Tom Miller, presidente di Intermec, “non si possono oggi realizzare prodotti che non derivano da qualche forma di cross-licensing…. Così si fa innovazione”.
A respingere quello dei brevetti Intermec come problema insormontabile sono soprattutto le grandi imprese, quelle che possono senz’altro permettersi di integrare royalty o accordi di cross-licensing con Intermec all’interno delle proprie politiche industriali. Ad esempio Texas Instruments, che ha già dichiarato di non ritenere preoccupante la situazione.